29 settembre 2008

Una ponderata analisi della situazione attuale

Ieri ero al bar di Glauco, stavo bevendo una Cedrata Clebbino e stavo sfogliando il giornale, quando un vago malessere, una sorta di nausea si è impossessata di me, come una nebbia. Poi questa nebbia si è andata come compattando, e poi solidificando, diventando sempre più densa e circoscritta e pesante, una specie di big bang al contrario, credo che si chiami big crunch. Alla fine è diventata un punto nero minuscolo che è imploso al centro della mia testa, è stato come capire, all'improvviso. Le mie labbra hanno cominciato a tremare e poi mi sono sentito dire: "Il mercato ha rotto il cazzo". Per un attimo mi è sembrato che anche le musichette dei videopoker si fossero fermate. "Il mercato ha rotto il cazzo", ho detto, e un sollievo enorme mi ha come sollevato da terra. Glauco da dietro il banco mi ha guardato. "Il mercato ha rotto il cazzo", ho ripetuto, calmo. Glauco ha appoggiato le palme delle mani sul banco d'acciaio. "Il mercato ha rotto il cazzo", ha bofonchiato Glauco, masticando le parole. "Il mercato ha rotto il cazzo, il mercato ha rotto il cazzo" ha ripetuto, e il suo volto s'era fatto radioso. "Pago un caffè e una pasta" ha detto un tizio, davanti alla cassa. Glauco l'ha guardato e gli ha detto, sorridendo: "Il mercato ha rotto il cazzo" e gli ha dato una pacca sulla spalla. Il tizio ha guardato lui e poi me, io ho ripetuto, annuendo, che il mercato aveva rotto il cazzo. Incerto, lui pure ha ripetuto "il mercato ha rotto il cazzo", e l'ho visto come uscire da un coma. "Il mercato ha rotto il cazzo! Il mercato ha rotto il cazzo!" ha iniziato a urlare, ed è uscito senza pagare, muovendo le braccia in aria e continuando a gridare che il mercato aveva veramente rotto il cazzo. Ho salutato con un cenno Glauco, che mi ha sorriso riconoscente, e sono uscito in strada. Galleggiavo sotto il sole, accecato dalla luce, mi sentivo benissimo. Ho sbattuto contro una signora in piedi alla fermata del bus. L'ho afferrata per i fianchi. "Ma lo sa che il mercato ha rotto il cazzo?" le ho detto, trattenendo le risa. Lei si è illuminata e ha aperto la bocca. 

23 settembre 2008

Come il ramo di un albero

Sono andato nella Zona Deumanizzata da Ermete. L’ho trovato nel cortile del condominio diroccato dove vive. Era seduto su un grosso pneumatico di camion e al centro del cortile c’era una specie di piramide formata da un ammasso di elettrodomestici: videoregistratori lettori dvd televisori con tubo catodico lavatrici lavastoviglie frigoriferi. Il cortile era tappezzato di chiazze di licheni.
– Che cos’è – gli ho chiesto.
– Una specie di totem, direi – ha detto.
– L’hai fatto tu?
– No, mia nonna.
– Perché hai fatto una cosa del genere?
Ermete mi ha guardato senza girare la testa, ho visto saettare il bianco degli occhi.
– Lo sai come li chiamano nella grande distribuzione? Elettrodomestici bianchi ed elettrodomestici bruni. Sai la differenza? Quelli bianchi sono gli elettrodomestici da cucina. Che di solito sono appunto bianchi. Il frigo, la lavastoviglie. La lavatrice. I bruni sono quelli destinati all’intrattenimento, quelli da salotto. Tv, registratori, impianti stereo. Bianchi e bruni. Capisci? Non si fanno problemi a chiamarli elettrodomestici bruni. Non si fanno venire stupidi scrupoli, il prurito del politicamente corretto, non li chiamano “elettrodomestici di colore”, no. Gli elettrodomestici sono bruni, gli uomini invece “di colore”. A me “di colore” mi sembra una definizione più adatta a un televisore che a un uomo, e invece no, gli uomini sono di colore, ecco come stanno le cose.
Volevo dirgli che mio cognato scrive per “Io, elettrodomestico”, ma non l’ho detto, non ero andato lì per quello, ero andato lì per chiedergli un’altra cosa, e infatti gliel’ho chiesta.
– Conosci una certa Olga?
– No. Vende elettrodomestici di colore?
– No. L’altro giorno si è presentata a casa mia. Dice di essere la tua, insomma sì, fidanzata.
Ermete ha piegato la testa di lato.
– La mia fidanzata? E com’è? Bella?
– Insomma. Niente di che.
– Ti pareva.
– Ma insomma è vero? Che è la tua fidanzata.
– No. Non ho una fidanzata. Per quale motivo sennò avrei rapito Giselle?
– Lei ha detto che. Cioè, magari ci sono cose che non so. Di te.
– A proposito, come sta Giselle?
– Se n’è andata. Mi ha lasciato. È finita. Adesso sto con Eugenia.
Ermete ha buttato fuori aria dal naso, con un buffo fischio.
– Niente finisce, tutto è per sempre – ha detto, e ha fatto una scoreggia – Scusa – ha aggiunto.
Si è alzato un po’ di vento e l’antenna di un televisore del totem ha tremato come il ramo di un albero.
– Sta cambiando il tempo – ha detto Ermete stropicciandosi gli omeri.
– Ah sì? E com’è questa storia? Se tutto è per sempre come fa a cambiare il tempo?
Ermete ha starnutito.
– È la stessa cosa, Bandini.

17 settembre 2008

Le risposte

Allora, pare che Creativo n.1 si sia consapevolmente suicidato, infilando di nascosto la pallottola nel tamburo della pistola un attimo prima di spararsi alla tempia. Almeno così pare che risulti dal filmato della telecamera a circuito chiuso posizionata nella Sala Incubatrice.
– Ma perché, c’è una telecamera nella Sala Incubatrice? – ha chiesto Creativo n.2. Nessuno di noi gli ha risposto e tutti l’abbiamo liquidato con un’occhiata di sufficienza, nonostante tutti avessimo in testa la stessa domanda.
Comunque la cosa mi ha piuttosto alquanto sconvolto, voglio dire il suicido di Creativo n.1, vabbè anche la telecamera che ci spia, che discorsi. Allora per tirarmi su sono andato a leggermi un po’ delle domande che la gente fa su http://it.answers.yahoo.com/.
Sono sicuro che Penelope 3 troverebbe sempre il modo di rispondere con un’altra domanda, chissà come se la sta passando, chissà come sta tutto il Reparto Entropia.
Ecco alcune delle domande che ho trovato su Answers di Yahoo. Casomai aveste la risposta voi.


Chi sa spiegare..come funziona e, a cosa serve quella specie di pianola che usano nel parterre del parlamento?

Raga sapete km s kiama la song d sky quando metto guida tv ke s vedono i programm del giorno?è troppo bella...?

Come abbinare dei pantaloni prugna?

HO ACQUISTATO UN NOTEBOOK ASUS CON SISTEMA OPERATIVO LINUX MA COME FUNZIONA?

Non riesco a vedere un film scaricato, NON E UN PORNO perche l'audio lo sento!! CHE PROGRAMMA DEVO USARE?

16 settembre 2008

Le cose non sembra ma precipitano

Ieri durante una riunione del Reparto Creazione è successa una cosa alquanto tremenda, finita con il sangue e pezzetti di materia cerebrale. A pensarci adesso con il senno dell'adesso, c'erano stati dei segnali inquietanti di questa cosa già prima di entrare nella Sala Incubatrice, quando Creativo n.1 mi ha detto: "Secondo te, dopo un po' che precipita, uno si abitua alla cosa e non se ne accorge più?". "Dipende da quanto parte in alto", ho riposto io. "Secondo me è così, dopo un po' ci si abitua talmente che ci si dimentica, che si sta precipitando. Fino a quando non fai splaf!". "Com'è che fai?", ho chiesto. "Splaf" ha ripetuto lui.

Più tardi eravamo tutti in Sala Incubatrice, anche il capo, mancava solo Creativo n.4. Creativo n.2 ha cominciato a parlare:
– Stamattina sulla homepage di Repubblica c'erano questi due titoli, uno sopra l'altro:
LA CARRA': "MA QUALE ICONA, NON NE POSSO PIU' "
LE CARRE': "STAVO PER PASSARE COL KGB"

C'era qualcosa che non andava, e allora ho provato a scambiarli:
LA CARRA': "STAVO PER PASSARE COL KGB"
LE CARRE':  "MA QUALE ICONA, NON NE POSSO PIU' "

E devo ammettere che così aveva più senso. Perché?
– Questo è già il brain storming? – ho chiesto io, dubbioso.
– Propongo di rendere il tutto più divertente – ha detto n.1, e ha appoggiato al centro del tavolo una rivoltella.
– Geniale – ha detto il capo, senza fare una piega.
– Come ne "Il cacciatore"– ha detto n.1 –. Ognuno a turno spara la sua stronzata creativa e poi si spara un colpo in testa. Può andargli bene come andargli male.
– Ma è carica? – ha detto n.3.
– Il punto non è se è carica la pistola – ha detto il capo, che secondo me era strafatto di Noncipensare© – il punto è se siete carichi voi. Siete carichi?
Ci siamo guardati tutti in silenzio. Poi di colpo n.2 ha preso la rivoltella, se l'è puntata alla tempia, ha urlato:
– Clebbino, crea il tuo mondo in un giorno – e ha premuto il grilletto. Niente. Ha passato la pistola a n.1.
– Clebbino. Non avrai altro dio all'infuori di Te – e si è sparato alla tempia. Niente. Ha passato la pistola a me. Io ho guardato gli altri.
– Io lavoravo al Reparto Entropia – ho detto, mi tremava un po' la voce. N.3 è scoppiato a ridere.
– Andiamo, n.5 – ha detto il capo, come in un sogno.
Mi sono puntato la pistola alla tempia.
– Clebbino, un gioco da bambino – e ho premuto il grilletto. Niente. La testa mi girava. Ho passato la pistola a n.3.
– Clebbino, sei un numero primo! – Niente. Toccava di nuovo a n.2.
– Clebbino. Clebbino... – un filo di bava gli è sceso da un angolo della bocca – Clebbino. Ma quale icona, KGB! – e ha sparato, a vuoto. Ha passato la pistola a n.1, che ha accarezzato il tamburo.
– Splaf – ha detto n.1 guardandomi. Si è puntato la pistola alla tempia.
– Clebbino. Amatevi, e patite – e subito dopo sono diventato sordo e ho visto un lampo e ho sentito un odore di ferro bruciato. Creativo n.1 è scivolato a terra rovesciando la sedia e io avevo degli schizzi di sangue sulla camicia e dei pezzetti di cervello sulla faccia.
– Questo sì che è un brain storming – ha detto n.3, battendo le mani sul tavolo.

10 settembre 2008

Ascensione, accelerazione, collisione

Entro nell'ascensore, mi giro verso l'uscita. Le porte stanno per chiudersi quando una donna che non conosco si infila nell'ascensore un attimo prima che le porte si chiudano. Sono tentato di uscire mezzo attimo prima che le porte si chiudano ma le porte si chiudono e rimango dentro.
– A che piano, signora?
– Quarto, grazie.
– Abita anche lei al quarto?
– Perché, chi altri ci abita?
– Io. Abitiamo allo stesso piano ed è la prima volta che ci incontriamo, strano.
– Stia a sentire. Non è la prima volta, ci siamo incontrati un sacco di altre volte. Apra bene le orecchie, mi sta seguendo? Questa conversazione ha avuto luogo tantissime volte, solo che lei ogni volta non se lo ricorda oppure fa finta di non ricordarselo - non mi interessa - ma le cose stanno così.
– Pensa questo anche dei protoni?
– Quali protoni, per tutti i santi del paradiso?
– Quando accadrà che nell'acceleratore di protoni del Cern due protoni si scontreranno, pensa che uno dei due avrà memoria di un precedente scontro con quel protone mentre l'altro vivrà quello scontro come una prima volta? Perché vede questa potrebbe essere la chiave per la spiegazione dell'Universo.
– Noi non siamo protoni, caro lei. Eccoci qua, arrivati. Mi faccia uscire per favore. Permesso.
– Noi siamo protoni e molte altre cose, e se questo paradosso si verifica anche a livello protonico, a maggior ragione allora - maledizione! Non si muova!
– Eccolo che si mette a fare il matto. Gesù.
– È evidente che questo ascensore è un acceleratore di particelle! Probabilmente siamo in un buco nero!
– Vorrei assistere al Big Bang allora, permesso, permesso. Perm

8 settembre 2008

Ho già tutto in mente

Non so come dirlo, ma Bilal l’ha fatto, ha preso in affitto un locale dismesso in una stradina secondaria del centro e la settimana prossima inaugura il suo kebizza express, lui voleva chiamarlo “RapidoKebizza” ma gli ho fatto notare che non era il caso, se lo veniva a sapere Mario di Rapidopizza chissà cosa poteva succedere. Allora l’ha chiamato “Kebizza da Bilal”, capirai che fantasia, gli ho detto, “Non rompere Bandini” ha tagliato corto lui “tu sempre solo critiche, mai niente di costruzione”, “vuoi dire ‘costruttivo’ Bilal” gli ho detto, non mi ha risposto.

Ma indovina chi gli ha prestato i soldi per aprire l’esercizio commerciale. La mia fidanzata Armenia, glieli ha dati. Quando me l’ha detto non ci potevo credere. “Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza” le ho detto. Suo padre è un pezzo grosso della Clebbino. “E perché mai. Sono soldi miei. E poi me li restituirà, cosa credi”. A causa di questa cosa abbiamo litigato, dopo però abbiamo fatto l’amore, e dopo ancora io le ho detto “però comunque alla fin fine la kebizza non è ‘sto granché”, era tanto per dire, ma Armenia se l’è presa, neanche fosse una sua invenzione la kebizza. Femmine. Ah, ma comunque quando avrò messo da parte abbastanza mance la smetto di consegnare a domicilio le pizze di Rapidopizza e mi licenzio e apro pure io un locale tutto mio e senza bisogno dei soldi di Armenia o di chicchessia, sarà un locale dove si vende l’Insalata Gelato, una cosa top secret di mia invenzione che non esiste sulla faccia della Terra e non appena l’avrò messa a punto (per ora è tutto nella mia mente, dunque è cosa praticamente fatta) allora aprirò il mio locale che si chiamerà Premiata InsalatoGelateria by Jimmy Bandini Sarcinella, ci metterò anche il cognome di mia madre tanto per fare la cosa con la dovuta altisonanza, e la gente verrà da me a mangiare la mia Insalata Gelato e dopo si strapperà i capelli dalla testa da quant’è buona e ne parleranno tutti i giornali e a un certo punto anche Bilal entrerà nella mia Premiata InsalatoGelateria dicendo “Ehi Bandini, ho sentito parlare di questa tua Insalata Gelato, sono proprio curioso di assaggiarla” ma io gli dirò “Spiacente signore, per oggi abbiamo esaurito le scorte, provi a ripassare domani ma non le garantisco niente”, e poi verrà anche Michele Lacazza il pizzaiolo di RapidoPizza e dirà “Ehi Bandini, passavo di qua, fammi un po’ assaggiare una di queste tue Insalate Gelato” e io gli dirò “Ci conosciamo signore? Spiacente signore, i portoricani non sono ammessi in questo rispettabile locale” e lui si incazzerà ancora di più perché gli avrò dato del portoricano. Ragazzi, non vedo l’ora di vedere la faccia che farà.

4 settembre 2008

Cose di Ermete che forse non so

Ieri sera suonano al campanello, pensavo che fosse il lattaio, poi mi sono ricordato che era sera e il lattaio di solito passa la mattina, poi mi sono ricordato che in Italia il lattaio non passa più da anni, e infatti non era il lattaio era una tizia che si chiama Olga. L'ho fatta salire, e quando è entrata ho subito messo le cose in chiaro dicendole: – Senta, mettiamo subito le cose in chiaro, io non mi ricordo di lei e qualsiasi cosa io le abbia fatto ero ubriaco perciò non ho nessuna –
– Ma che stai dicendo. Io non sono qui per te.
– Benissimo, in questo caso sei la benvenuta.
– Voglio sapere dove sta Ermete.
– Ermete chi?
Olga mi ha fissato seria.
– Ermete Dossi. Tu non sei Bandini? Il suo migliore amico?
– Ah, ma certo, quell'Ermete. Sì, sì, certo. E che fine ha fatto? È un po' che...
– Senti, piantala di fare la pantomima. Sono sicura che tu sai dov'è.
– Ma tu chi saresti, scusa.
– Sono la sua fidanzata.
– Cosa? La sua - gesussanto, non vedo l'ora di poterla scrivere sul blog.
– Allora? Dove sta?
– Aspetta. Lasciami indovinare. Sei incinta di lui?
Olga è scoppiata a ridere.
– Sei un babbeo, Bandini. È sparito da più di tre anni, come potrei essere incinta da tre anni?
– Be' l'elefante asiatico ha una gestazione di 645 giorni.
Olga è rimasta zitta per alcuni secondi. Si è seduta sul divano.
– Non pensavo che tu fossi così stupido.
– Senti, non ti credo. Ermete non aveva una fidanzata.
– Forse ci sono cose di Ermete che non sai, non ti pare?
– Ha! Non è possibile. Siamo cresciuti insieme. So tutto di lui.
– Allora sai dove si trova.
– Ovvio che lo so.
– Dove?
– Non posso dirtelo.
Avevo promesso ad Ermete che non avrei rivelato a nessuno la sua fuga nella Zona Deumanizzata. Magari i suoi ex capi, quelli che gli commissionavano falsi allarmi bomba, lo stanno ancora cercando per fargli la pelle. Magari Olga è un loro uomo. Cioè, donna.
– Ma io devo saperlo. Avanti. Ho bisogno di parlargli.
A quel punto è suonato il cellulare di Olga, lei si è alzata, ha risposto ed è andata alla finestra. Io ho acceso la televisione, c'era un telequiz, ma non capivo le domande. Olga confabulava al telefono. Poi è tornata a sedersi sul divano.
– Non capisco le domande del quiz.
– Allora? Dove sta Ermete.
– Senti, devo dirti una cosa. Ermete è morto. Mi dispiace.
– Dio che stupido! Ma se prima mi hai chiesto che fine aveva fatto. E poi mi hai detto che sapevi dov'era.
– Be', me l'ero scordato. Poi mi sono ricordato. È sotto mezzo metro di terra.
– Che cosa ha combinato? Perché non puoi dirmi dove sta?
– L'ha fatta grossa. Credimi. È per il tuo bene.
– Oh, stai zitto.
Siamo rimasti in silenzio per qualche minuto, guardando il quiz. Olga rispondeva a tutte le domande del quiz prima dei concorrenti.
– Sono un'appassionata – ha detto.
– Di che?
– Di tutto.
Si è messa a spippolare con il suo cellulare, credo abbia mandato alcuni sms. In tv è partita la pubblicità. Da fuori è arrivato l'urlo della sirena di un'ambulanza, poi niente, la musica della pubblicità.
– Ti prego. È importante. Devi dirmelo – ha detto Olga.
– Ci sono un sacco di variabili, di incognite – ho risposto.
– Tipo?
– Grandi affari. Grandi movimenti. Movimenti anche tellurici. La CIA, la NASA, la STANDA. Onde elettromagnetiche. Grandi rischi.
– Ma di che parli?
Mi è scappato da ridere.
– Che cosa ridi, stupido.
– Niente, è un sorriso liofilizzato Clebbino.
– Me lo dirai. Non me ne vado finché non me lo dici.
Abbiamo guardato la televisione in silenzio per venti minuti. A un certo punto lei si è alzata e senza dire una parola se n'è andata. Io mi sono toccato la faccia.

3 settembre 2008

Per sempre puntuale

Mio nonno Goffredo Bandini aveva un modo tutto suo di misurare il tempo. Indossava dodici orologi, sei su un braccio e sei su un altro,, tutti gli orologi erano fermi. Ognuno però era fermo su un'ora diversa. Il primo orologio era fermo sull'una in punto, il secondo sulle due, il terzo sulle tre, e così via, fino all'ultimo fermo sulle ore dodici. Tutti e dodici gli orologi erano senza lancetta dei minuti. Quando chiedevo a mio nonno che ora fosse, lui si guardava le braccia, cercava l'orologio giusto, lo indicava e poi mi leggeva l'ora. Se erano le tre, indicava l'orologio che segnava le tre. Se erano le cinque, indicava l'orologio che segnava le cinque. Se erano le sei e quaranta, indicava l'orologio che segnava le sei, perché per lui i minuti non esistevano, non valevano niente, un'ora durava un'ora e poi si passava a un altro orologio, gli orologi erano fermi era il tempo a saltare da un orologio all'altro. "I minuti non servono a un cazzo Massimì" mi diceva "sai quando è nato il bisogno di sapere i minuti? Con gli orari dei treni. Perché i treni hanno sempre questi orari assurdi, 14.58 o 13.35, e così anche i minuti sono diventati importanti, ma in realtà non servono a niente, le ore sono più che sufficienti nella vita, i minuti servono alle macchine, no agli umani". Secondo mio nonno un solo orologio, con tutte quelle lancette in continuo movimento, era un modo sbagliato di avere a che fare con il tempo. Lui aveva queste ore ferme e ce le aveva tutte contemporaneamente addosso ed era lui a passare da un'ora all'altra, e non le lancette. E neanche so come facesse a capire quando doveva passare da un orologio all'altro, ma lo faceva, e io mi fidavo. Del resto non è mai arrivato in ritardo, credo.
Questa cosa mi viene in mente pensando che adesso l'ora è dappertutto, nei cellulari nei televisori nel computer nel forno di casa nel termostato nel cruscotto dell'auto nello stereo,, e nonostante questo però la gente mi pare più confusa che mai, forse aveva ragione mio nonno, che nel tempo non ci affogava, ci sguazzava.

2 settembre 2008

Partenza probabilmente intelligente

All'inizio e alla fine di agosto e quando ci sono i ponti con i weekend lunghi la televisione parla sempre di partenze intelligenti, sono quelle fantomatiche partenze che ti permettono di evitare i picchi di traffico pravalentemente sulle autostrade e dunque di fare un viaggio mediamente umano evitando di rimanere in coda per ore al casello o in prossimità del cavalcavia. Oltretutto restare fermi immobili nei pressi del cavalcavia è rischioso, aumenta la probabilità di diventare una vittima dei lanciatori di sassi dal cavalcavia, e una vittima facile perché non sei in movimento, sei fermo. Naturalmente parlo di passare sotto al cavalcavia, mentre passando sopra non si corre alcun rischio, anzi nel caso ci si trovi in coda sopra al cavalcavia si può ingannare il tempo lanciando sassi a quelli che passano di sotto. Comunque se volete un consiglio la prossima volta portatevi una fionda, così potrete lanciare sassi anche da sotto il cavalcavia a quelli che ci sono sopra, vi assicuro che è molto divertente perché quelli lassù non se l'aspettano di certo, ci rimangono male.
Ma stavo parlando di partenze intelligenti. Dunque a me non è molto ben chiaro il concetto di partenza intelligente. Per molti anni ci ho ragionato su molto attentamente. Ad esempio quando il telegiornale ti fa le previsioni del traffico e ti dice: in questa fascia oraria è bollino rosso! Traffico massimo! Allora io comincio a scervellarmi sul da farsi. Il tg mi sta mettendo alla prova. Sono stupido o sono intelligente? La logica direbbe che la partenza intelligente è quella che evita la fascia da bollino rosso. Ma c'è il tranello secondo me. Sì perché in quel momento altri milioni di italiani hanno visto il tg e stanno facendo il mio stesso ragionamento. E se io e tutti i milioni che devono partire decidono di evitare il bollino rosso, ecco che si ottiene l'effetto contrario, partono tutti insieme, fanno tutti la partenza intelligente, che all'improvviso non è più intelligente, è idiota. E così ecco milioni di automobilisti pseudointelligenti tutti in fila che scoprono improvvisamente di essere idioti. Insomma, c'è questo tranello, e allora io dopo aver visto il tg penso: tu non mi fai fesso tg, io ti ho capito. Tu mi fai vedere il bollino rosso e mi stai strizzando l'occhio e sotto sotto mi stai dicendo: la vera partenza intelligente è fare il contrario di quello che ti sto dicendo. Ergo, capisco che devo partire con il bollino rosso. La vera partenza intelligente allora è partire quando è previsto il picco di traffico massimo. Allora dopo aver capito questo mi sento intelligentissimo per cinque minuti buoni, ma dopo cinque minuti ecco che il tarlo del dubbio si insinua di nuovo nella mia mente intelligente. Un momento, mi dico. In questo momento chissà quanti altri milioni di italiani stanno facendo questo mio stesso ragionamento. Tutti crediamo di essere più intelligenti degli altri. Tutti sotto sotto ci crediamo dei geni e pensiamo che gli altri siano idioti. Così ecco che tutti si sentono superintelligenti e credono di fare la vera partenza intelligente partendo con il bollino rosso ed ecco che nuovamente si ripresenta lo spettro della partenza idiota, perché tutti sono in fila in autostrada con il bollino rosso e non solo, il tg può anche gloriarsi e dire: ve l'avevamo detto, idioti!, che era bollino rosso. 
Allora capisco che la partenza veramente veramente intelligente è quella di essere sempre un gradino sopra agli altri, capire la psicologia degli altri, capire che tutti agiranno da ultraintelligenti e allora improvvisamente la cosa più intelligente diventa fare la cosa più scema, cioè partire quando c'è il bollino verde.
Oppure no? È davvero davvero così? È straordinariamente intelligente o maledettamente idiota una partenza di questo genere? Così finisce che mi blocco, non so più quando partire, lancio la moneta e faccio decidere alla sorte e il giorno dopo eccomi in fila in autostrada, quale che sia il colore del bollino. A un certo punto tutti cominciano a suonare il clacson e allora capisco di essere circondato da idioti, ma guarda tu, penso suonando il clacson a tavoletta, possibile che solo io sono l'unico intelligente tra milioni di idioti? Cosa ho fatto di male nella vita.

1 settembre 2008

Nella rotonda selvaggia

Sono stato due settimane in campeggio in una rotonda, non era una rotonda sul mare, era una rotonda nella zona industriale. Ci giravo intorno per tre quarti tutti i giorni andando al lavoro, e prima di essere licenziato avevo notato che nell'aiuola al centro della rotonda la vegetazione era lasciata a se stessa, non so perché ma gli addetti del comune non sono mai andati a sfoltirla e così c'era questo groviglio bellissimo di macchia mediterranea mista ad acquitrino, c'erano anche i licheni. 
Il primo giorno di agosto sono stato licenziato in tronco, come tutti gli altri dipendenti dal mio livello in giù, è il tradizionale licenziamento estivo, ci licenziano a inizio agosto per poi riassumerci (forse) a fine mese, è una tradizione della Clebbino, alla Clebbino le ferie sono un concetto superato. Con le ferie uno sa che ha dei giorni di libertà limitati, e così fa il conto alla rovescia, e non si gusta le ferie, anzi se le rovina. Invece se ti licenziano non hai lo spettro del ritorno in ufficio, ti si para davanti questa libertà sterminata, così ne godi meglio e più pienamente. Poi però a fine mese ti riassumono (forse) e così sei felice, non te l'aspettavi, ti sei goduto un po' di giorni di libertà senza l'assillo del lavoro e poi improvvisamente ti ritrovi un lavoro che pensavi ormai di aver perduto e sei felice, anche se ti riassumono con uno stipendio un po' più basso, ma va bene uguale, dicono che è per combattere l'inflazione. Uno stipendio alto alimenta l'inflazione. Sono contento di contribuire attivamente al futuro abbassamento dell'inflazione, o almeno mi hanno detto che devo esserlo, così lo sono.
Il giorno dopo il mio licenziamento sono andato a comprare una tenda igloo all'ipermercato e un fornellino a gas e un sacco a pelo e poche altre cose e la notte stessa sono andato ad accamparmi al centro della rotonda, nel folto della vegetazione. Ah che pace! I grilli! Le zanzare! Proprio come quando da piccolo andavo in campeggio coi miei. Più le pantegane, che dove andavo in campeggio coi miei non c'erano. Le poche macchine che passavano facendo la rotatoria (la zona industriale ad agosto è un deserto) facevano il rumore delle onde del mare. Era come stare in un'isola deserta, la vacanza dei miei sogni. Invece del materassino mi sono portato Eugenia, sopra di lei si dorme benissimo, però quando facevamo l'amore io stavo sotto, mi sembrava equo così. Col mangiare mi sono arrangiato cucinando le verdure che crescevano spontanee nella rotonda, o friggendo gli insetti, molto buoni e proteici.
Alla fine della prima settimana è comparso Jan. Faceva di mestiere il lavavetri polacco al semaforo che c'era al posto della rotonda, fino a qualche mese fa. Poi hanno costruito la rotonda e lui ha provato a fare il lavavetri alla rotonda, lavava i vetri correndo in tondo perché alla rotonda come tutti sanno le macchine non si possono fermare, vige il moto perpetuo. Solo che dopo pochi giorni ha smesso, era troppo faticoso e poi capitava che le macchine svoltassero prima di pagargli il lavaggio del parabrezza, insomma una vitaccia. Però è rimasto affezionato al suo ex incrocio, e allora ogni tanto passa da quelle parti.  Si è fermato per qualche giorno all'accampamento, l'ho ospitato nella mia tenda. Secondo Jan stanno mettendo tutte queste rotonde per mettere i bastoni tra le ruote ai lavavetri, però quando gli ho detto che se ci fosse stato il semaforo io non avrei potuto piantare la tenda al centro dell'incrocio è stato d'accordo con me. Mi ha raccontato Jan che suo nonno ha fatto la guerra in Italia, dev'essere sepolto in qualche cimitero polacco del centro Italia. Suo nonno ha dato la vita per liberare questo paese dai tedeschi ed ecco come questo paese ripaga i polacchi, costruendo rotatorie. Se ti può tirare su il morale Jan - gli ho detto - questo paese sta ripagando così un po' tutta la Resistenza, gli ha fatto una specie di stupido monumento e gli ha costruito una rotatoria attorno. 
Comunque qualche giorno dopo ho dovuto mandare via Jan perché mi sono accorto che stava guardando Eugenia in un modo che non mi piaceva.
Stamattina mi hanno riassunto e sono tornato al lavoro e sono passato in macchina alla rotonda, era come guardare una diapositiva delle vacanze, che nostalgia, ma almeno posso riguardarla tutti i giorni. Chissà dov'è finito Jan.