18 dicembre 2008

Cuore d'elio

Ho comprato una bombola di elio e l'ho usata per gonfiare Eugenia, poi l'ho lasciata libera di fluttuare in casa, è andata a posarsi su un angolo del soffitto, supina, cioè, supina rispetto a me che ero sotto, ma prona rispetto al soffitto, vabè insomma stava con la faccia contro il soffitto e il culo rivolto verso di me. Ieri al lavoro era la Giornata della Rivincita e sono tornato a casa che ero un fascio di nervi, perché mentre ero lì nella palestra aziendale che umiliavo le Penelopi del Reparto Entropia mi sono avvicinato con la faccia a una di loro e gli ho sussurrato "Perché non vi ribellate?", e lei mi ha risposto, impassibile, "Perché non vi ribellate voi?". Così come sono entrato in casa e ho visto il culo fluttuante di Eugenia sopra la mia testa ho avuto un capogiro e mi è salita l'eccitazione e ho giustamente pensato subito di abusare di Eugenia, ma non sapevo come raggiungerla, era troppo in alto, ho dovuto prendere la scala. Dopo abbiamo fatto sesso sul divano, e appena mi sono girato sulla schiena però Eugenia si è sfilata da me ed è volata di nuovo verso il soffitto. Dopo qualche secondo ho sentito plich!, era il mio seme che era scivolato dalla sua vagina sintetica finendo sul pavimento. Io mi sono appisolato sul divano forse per cinque minuti, mi ha svegliato il citofono che suonava. Era mio padre. Ho messo una pila di giornali sopra la chiazza sul pavimento, ma non c'era tempo di tirare giù Eugenia dal soffitto, mio padre era già dietro la porta del mio appartamento. Mi sono affacciato sul pianerottolo.
- Che c'è? - ho chiesto.
- Sono Babbo Natale - ha detto.
- Sei in anticipo - ho detto.
- Non mi fai entrare?
Che dovevo fare? È mio padre. Gli ho aperto. Mio padre è entrato.
- Vedo che ti piace tenerti informato - ha detto, indicando la pila di giornali sul pavimento. Eugenia fluttuava neanche un metro e mezzo sopra la sua testa.
- Babbo, ho sonno. Ho avuto una giornataccia.
- Me ne vado subito. Ti ho portato questi - e mi ha messo in mano un sacchetto di carta con dentro dei cachi.
- Grazie.
- So che ti piacciono. Maya ha un albero di cachi in giardino. E così.
- Grazie, sì mi piacciono.
- Bene.
- Bene.
Ho dato un'occhiata su. C'era una goccia di sperma pencolante sulla coscia di Eugenia, sarebbe caduta sopra la testa di mio padre. Ho chiuso gli occhi.
- Hai la faccia stanca. Ti lascio riposare. Ciao.
- Ciao, babbo.
Mio padre è uscito. Ero furioso con Eugenia. Ho preso la scala, l'ho tirata giù. Ho preso il ferro da stiro e ho legato il cavo del ferro da stiro alla caviglia di Eugenia. Adesso se ne sta sospesa a mezz'aria, legata al ferro da stiro. Forse l'amore è questa cosa qua, averci il cuore pieno d'elio ed essere legati a un peso, galleggiare senza volare via.

15 dicembre 2008

Come pasta dentifricia

Ieri sono passato al negozio di Mariano, il mio amico che vende articoli per il suicidio. Sotto le feste i clienti del suo negozio aumentano vertiginosamente, dice, e infatti non aveva molto tempo da dedicarmi. Dice che lui la crisi non la sente affatto, e ride. Una fortuna che Mariano ha rispetto agli altri negozianti è che lui non deve mettersi a fare pacchetti regalo, di solito nessuno a Natale ti regala un kit per l'autoiniezione letale o un cappio d'argento per impiccarti. "Sai Jimmy, il suicidio è una cosa molto personale, è difficile indovinare i gusti degli altri" mi confida Mariano. Per le strade del centro c'è un sacco di gente, a Mariano la gente non piace molto. È come il dentifricio, dice. Hai presente quando schiacci il tubetto ed esce un piccolo cilindro di dentifricio, se tu non sapessi che è perché hai premuto il tubetto potresti credere che il dentifricio è una cosa viva, un verme molliccio e bianchiccio che è uscito di sua spontanea volontà dalla sua tana, ma invece no, è uscito perché tu hai schiacciato il tubetto, il dentifricio non ha volontà, non è vivo. Stessa cosa per la gente, dice Mariano. Tu incontri tutta questa gente per strada e pensi che sia viva, ma non è così, non è viva, è uscita perché è stata schiacciata fuori da qualcos'altro, crede di essere viva ma non è viva, è cacciata fuori da qualcosa di più grande, è come il dentifricio del tubetto.

9 dicembre 2008

Quando me la racconto

Certe volte quando sono in giro, mentre passeggio o sono sull'autobus o siedo al tavolo del bar, faccio finta di parlare al cellulare con qualcuno, per passare il tempo. Costa molto meno che telefonare per davvero a qualcuno, e inoltre spesso io non ho davvero voglia di parlare con qualcuno al telefono, ho semplicemente voglia di parlare, per sentire come suonano i concetti che infestano la mia mente. La gente di solito telefona a qualcuno, ma mica perché ha davvero voglia di parlarci, solo perché si annoia, e ha bisogno di stare sempre connessa con altra gente, anche se non ha un cazzo da dire. Io invece qualcosa da dire ce l'ho, ma spesso non voglio dirlo a nessuno, e allora faccio solo finta di dirlo a qualcuno, per evitare che mi guardino storto.
Certe volte per esempio faccio finta di parlare con Armenia, altre volte con mio padre, ma più spesso preferisco fingere di parlare con un ipotetico personaggio x, perché la cosa mi dà più libertà, non mi costringe a pensare a qualcuno in particolare. Ultimamente sono diventato molto bravo, cioè faccio anche le pause, durante le quali faccio finta di ascoltare le inesistenti parole del mio interlocutore immaginario, e quindi rispondo di conseguenza, a volte addirittura faccio finta che il mio interlocutore mi interrompa proprio mentre gli sto parlando, insomma proprio come le telefonate vere, capito. Solo che ultimamente ho notato questa cosa, ho notato che il mio interlocutore immaginario mi interrompe un po' troppo spesso, impedendomi di arrivare a esprimere pienamente il concetto che mi sta a cuore, lui mi interrompe, è arrogante, e allora un po' mi incazzo, e litighiamo, sono molto bravo anche a litigare per finta al telefono con qualcuno. Una volta, per dire, stavo fintamente litigando con questo qualcuno immaginario quando il telefono ha suonato per davvero, ho risposto, era Armenia, le ho detto "Scusami, ero al telefono con un tizio, ti richiamo io" e lei "Ma che dici, la linea era libera", "Non può essere, ti richiamo io dopo, ciaciaciaciaciao" e metto giù e riprendo la discussione con il tizio immaginario, ma ho perso il filo del discorso, lui mi aggredisce dicendomi di lasciarlo perdere, o qualcosa del genere, io mi metto a urlare e lui che fa?, riattacca!, è il colmo!, lui manco esiste, è una mia creatura mentale, e si permette di riattaccare!, mi viene un nervoso pazzesco, e così ultimamente quando mi chiama non rispondo, tanto il telefono neanche squilla per davvero, che problema c'è. Oggi però non si è fatto vivo e mi dispiace, mi sento solo, magari si è offeso, stai a vedere che mi tocca telefonare alle persone vere, tra un po'.