4 giugno 2015

Rosso

Quando sono in macchina e il semaforo è rosso io guardo dentro le altre macchine e vedo tutti reclinati sui loro smartphone. Poi il semaforo diventa verde e tutti restano fermi, reclinati sui loro smartphone. E quando sta per tornare rosso, qualcuno – qualcuno come me, qualcuno cioè che non ha vita sociale su internet o su whatsapp o su qualsiasi altro medium tecnologico, qualcuno che spesso non ha vita sociale e basta, e che quindi nello specifico non ha niente da guardare nel suo smartphone, ammesso che ce l’abbia, uno smartphone – questo qualcuno suona il clacson, suona un acido pe-pèè, breve e sprezzante, e allora tutti controvoglia alzano la testa e, senza mollare lo smartphone, danno gas e partono, un attimo prima che ritorni rosso.
E questo io lo giudico un grande passo in avanti per l’umanità, intendo dire il fatto che mentre prima dell’era della comunicazione mobile l’umanità ai semafori fissava incarognita il rosso, col piede che assaggiava continuamente l’acceleratore, pronta a schizzare un nanosecondo dopo il verde, cercando anzi telepaticamente di anticiparlo il verde, di evocarlo – adesso invece l’umanità benedice i semafori rossi, non vede l’ora di incontrarne uno per poter finalmente leggere e commentare e mipiaciare messaggi o status fondamentali tipo “ke fai?” o “s.o.s. caffèèèèèè” o “buongiorno mondo”.
Poi certo è brutto che mentre chatti guidando la persona con cui chatti ti attraversa la strada senza manco vederti arrivare perché sta per l’appunto chattando con te e neanche tu la vedi perché stai chattando con lei e così la tiri sotto e dopo averla tirata sotto tu allarmato accosti e scrivi a lui: “oddio, ho messo sotto un tizio proprio ora, paniko totale” e aspetti la notifica di lettura del tuo messaggio ma la notifica non arriva, non arriva, non arriva, e tu ti incazzi, ma guarda questo, pensi, ma chi si crede di essere. Di sicuro sta facendo finta di avere di meglio da fare.
E in effetti ce l’ha.