28 dicembre 2010

Nei miei panni

Appena arrivati a casa mia Cinzia Pontesi mi ha chiesto perché non l'avevamo portata a casa sua.
– Di' la verità Bandini, hai perso le chiavi che ti ho dato – mi ha detto, barcollando perché non riusciva ancora a camminare bene.
– No Cinzia, è che è più sicuro così, per il momento. Almeno finché non si saranno calmate le acque – ho detto io.
– Quali acque?
– Le acque Cinzia. Le acque del 2022. È una lunga storia.
– C'è stata tipo un'inondazione? Guarda che casa mia era assicurata.
– No, no.
– Cosa sono queste acque?
– Senti, siamo tutti molto stanchi e tu hai ancora, tipo, il jetlag. Adesso ce ne andiamo a letto e domani ne parliamo ok?
– Ok. Sei strano forte, cioè eri già prima strano forte, ma adesso di più, sei peggiorato in questi anni sai? Dovresti forse farti vedere da qualcuno.
– Ha ragione – si è intromesso Ermete.
– Chiudi quella fogna, tu – ho detto io.
Cinzia Pontesi ha cacciato un urlo.
– C'è una bestia in casa tua! – ha gridato puntando il dito verso Domenico, che non si è mosso dalla parete dietro la tv dove s'era parcheggiato.
– Oh, lui è Domenico – ho detto io.
– È suo figlio – ha aggiunto Ermete. Ho fulminato Ermete con un'occhiata. Cinzia ha riso.
– Siete uno spasso, voi due – ha detto.
Per la notte ho ceduto la mia camera a Cinzia, e io mi sono sistemato sul divano letto con Ermete, che non faceva che rigirarsi.
– Non riesco a dormire. Come si può dormire dopo una serata così? Sono sovreccitato – ripeteva – dove l'hai messa Betsabea?
– Lèvatelo dalla testa, lurido porco. Betsabea è mia.
– Non fare il sentimentale, andiamo.
– Vai a farti una sega e vedi di lasciarmi dormire in pace.
– Sei veramente senza cuore. Non ho parole.
Mi sono addormentato di botto, sognando la pubblicità di quell'attore di cui non ricordo il nome, quell'attore che compra cialde per il caffè e per questo uscendo dal negozio di cialde muore schiacciato da un pianoforte che precipita dal cielo e che lo trasforma in cialda a sua volta, una cialda umana. Quando mi sono svegliato c'era una tazzina di caffè fumante davanti alla mia faccia, ho urlato.
– Fai sempre così quando ti svegli? – ha chiesto Cinzia Pontesi. Mi stava porgendo la tazzina, indossava ancora la tuta Clebbino. – Buongiorno, eh.
– Bongbogio – ho mugugnato io, che la mattina appena sveglio non riesco a parlare.
– Potevi anche restare, stanotte – ha sussurrato Cinzia.
– Sgrunf, eehhr?
– Ma sì. Non c'era bisogno che tornavi a dormire di qua sul divano, non mi davi mica noia – continuava a sussurrare Cinzia con una voce che sembrava il fruscio della cassetta pulisci-testine.
– Mwa che cazzo – arsch – di che pwarli, uwm?
– Ehi, rilassati Bandy. Non dirò niente al tuo amico – ha ammiccato Cinzia.
Bandy? Bandy? Sono saltato in piedi dal divano letto.
– Dov'è Ermete? – ho urlato.
– In bagno. Ma si può sapere –
Sono andato alla porta del bagno, era chiusa.
– Ermete, apri! Apri subito!
– Sto cagando – ha detto Ermete da dentro.
– Apri, ho detto!
– Parola d'ordine?
– Apri la cazzo di porta!
Ermete ha aperto, sono entrato e ho richiuso. Era a braghe calate e si stava facendo un bidet.
– Che cosa c'è, adesso – ha detto lui, calmo, lavandosi l'uccello.
Ho respirato tre, quattro volte, lentamente.
– Per caso stanotte ti sei infilato nel letto di Cinzia? – ho chiesto, cercando di mantenere la calma.
– Sono cose private – ha detto lui, sciacquandosi meticolosamente le palle.
– Un cazzo, private. Rispondi.
– Sì, ok? E con questo? Sei geloso per caso?
– E non è che ti sei spacciato per me, per caso?
– Calmati. Era buio pesto ed era l'unico modo per non stare lì a farsi mille presentazioni e chiacchiere, insomma, sai com'è. Cerca di capire. Erano mesi che non scopavo. Ero sovraeccitato. Mettiti nei miei panni.
– No, stronzo, sei tu che ti metti nei miei! – ho urlato, – e smettila di asciugarti il cazzo con il mio asciugamano per la faccia!
– Ah, è il tuo asciugamano per la faccia? E pensare che per tutti questi giorni l'ho scambiato per –
Sono uscito dal cesso sbattendo la porta e sono andato a chiudermi nell'armadio a piangere. Dentro l'armadio c'era Betsabea, l'ho abbracciata stretta, singhiozzando nel buio.

27 dicembre 2010

Come fosse il 2022

Da quando è avvenuto il passaggio al digitale terrestre la mia tv trasmette solo effetto neve, il che è perfetto per il periodo natalizio, non vedo l'ora di vedere come cambierà la programmazione con l'arrivo della primavera, magari sbocceranno fiori sullo schermo? Comunque, anche ieri per tutto il giorno io, Ermete e Domenico abbiamo guardato la tempesta nevosa di pixel sullo schermo, mangiando arachidi e bevendo acqua gelata dal rubinetto, corretta con una punta di brillantante. Verso le nove di sera Ermete ha sbadigliato e ha mugugnato qualcosa.
– Che hai detto? – gli ho chiesto, fissando il nevischio.
– Mi sono rotto il cazzo di guardare la tv. Dobbiamo fare qualcosa, tipo liberare la tua amica Cinzia – ha detto.
– Perché?
– Perché questa storia della Cassa Ibernazione non lo so, non mi convince. Io so come si arriva al vecchio ripetitore tv, nella Zona Deumanizzata.
– E se invece ci procurassimo un decoder per la tv?
– Oggi è Santo Stefano, è tutto chiuso.
– Aggià. Ok, allora andiamo a liberare Cinzia Pontesi.
Abbiamo preso la mia macchina e siamo andati nella Zona Deumanizzata, che è l'unica parte della città senza luminarie o alberi di natale o niente. Abbiamo parcheggiato in uno sterrato e poi abbiamo scavalcato un vecchio cancello e proseguito lungo un viale asfaltato semicoperto di licheni, che brillavano illuminati dalle nostre torce.
– Il ripetitore è in fondo a questa strada – ha detto Ermete. Siamo arrivati in fondo alla strada e c'era il ripetitore, e accanto al ripetitore un edificio basso, circondato da un recinto con il filo spinato in alto, e accanto all'ingresso una guardiola.
– Il data center dev'essere lì dentro – ho detto io – come facciamo a entrare? Forse dovremmo dire che siamo tipo degli elettricisti venuti a riparare un guasto.
– Lascia parlare me – ha detto Ermete, raddrizzando la schiena, e ci siamo diretti alla guardiola. Il tizio dentro la guardiola ha aperto la finestrella. Sul vetro della guardiola c'era scritto BUON NATALE con uno spray natalizio.
– E voi chi siete? – ha detto il tizio.
– Salve, volevamo fare un giro al data center – ha detto Ermete.
Il tizio è scoppiato a ridere.
– Che mattacchioni! Ce l'avete il badge, ragazzi?
– Ma certo – ho detto io – ecco qua.
Il tizio ha preso il mio tesserino.
– Ma è la carta fedeltà dell'Esselunga – ha detto, serio.
– Accidenti, ahah. Ho fatto confusione e l'ho lasciato a casa – ho detto.
Il tizio è scoppiato a ridere di nuovo.
– D'accordo d'accordo, fa niente. Basta la parola d'ordine.
Io ho guardato Ermete. Era meglio se restavamo a casa a guardare la neve finta in tv, ho pensato.
– Usucapione – ha detto Ermete al tizio, sillabando ben bene. Il tizio ha aperto il cancelletto e ha fatto segno che potevamo passare.
– Come hai fatto? – ho bisbigliato a Ermete.
– La fortuna del principiante.
Siamo entrati nel cortile interno e poi nell'edificio. Abbiamo percorso un corridoio e poi aperto una porta e ci siamo ritrovati in un'enorme sala punteggiata da monoliti neri, da cui uscivano cavi colorati.
– Fico. E adesso? – ho chiesto a Ermete. Nell'aria c'era un ronzio soporifero.
– Chiediamo a quello – ha detto Ermete, indicando un tizio con un camice bianco che trafficava con i cavi. Siamo andati verso il tizio. Il tizio vedendoci ci ha salutato sbracciandosi.
– Ehilà, ragazzi! Buon Natale! Vi stavo aspettando.
– Eccoci qua – abbiamo detto io ed Ermete, guardandoci.
– Qualcuno di voi sa fare il nodo parlato doppio? Me lo dimentico sempre, ah ah.
– Noi non...
– Non importa, ah ah. Me ne occupo dopo. Ora seguitemi in Sala Ibernazione. Ve l'hanno detto qual è il problema? Abbiamo finito il ghiaccio. Abbiamo già sette squagliati che stanno andando a male, sentite la puzza? L'azienda siberiana a cui abbiamo subappaltato la faccenda non verrà a ritirare i corpi prima della Befana, ah ah!
– Ah ah – abbiamo riso noi.
Il tizio ha aperto un'altra porta che dava in una saletta più piccola. I corpi degli ibernati erano dentro una quarantina di vasche metalliche ermeticamente chiuse e disposte a raggiera. Ogni vasca aveva un oblò dal quale si poteva vedere l'interno. Ho guardato in un oblò e ho riconosciuto Penelope 3, congelato in un'espressione stuporosa.
– Dentro quello lì ci abbiamo messo una decina di confezioni di ghiaccio secco da picnic, ma mi sa che non basta. L'impianto di refrigerazione sta andando a puttane. Quell'altro là in fondo che perde acqua, lo vedete? Ha la guarnizione completamente andata. Un terzo degli ibernati ormai si è quasi scongelato del tutto e ci toccherà buttarli, ah ah – diceva il tizio. – Beh, vedete voi cosa potete fare, se avete bisogno sono di là. Gesuccristo che puzza.
Appena il tizio è uscito, ho cominciato a cercare la vasca con dentro Cinzia Pontesi. Era la 0038 e per fortuna sembrava in buone condizioni.
– Come facciamo a tirarla fuori? – ho chiesto a Ermete.
Sul lato destro c'era un pulsante con su scritto "Sbrinamento".
– Prova con quello – ha detto Ermete.
Ho schiacciato il pulsante. Dentro la vasca si è accesa una lucina e dall'oblò ho visto la testa di Penelope che cominciava a ruotare su se stessa. Dopo 30 secondi la vasca ha fatto plin! e si è aperto lo sportello, diffondendo un odore di pane caldo. Cinzia ha aperto gli occhi e ha sbattuto le palpebre un paio di volte. Indossava una tuta bianca della Clebbino.
– Bandini! Ma sei te! Scusa non ti ho riconosciuto subito, in effetti sei invecchiato ma neanche troppo dopotutto, ti trovo abbastanza in forma, mamma mia. Ma in che anno siamo? 2035? Mi sembra che sia passato così poco, madonna. Uuuuuh. Che male alle ossa. Questa capsula era di uno scomodo. Come vanno le cose qua fuori? Che colore va quest'anno? In che anno siamo, 2041?
– Dopo ti dico, adesso usciamo di qui.
– Ho le gambe tutte addormentate, che effetto! E lui chi è?
Ho presentato Ermete a Cinzia e siccome lei non riusciva a camminare, l'abbiamo fatta sedere su un carrello e ci siamo avviati verso l'uscita.
– Non vedo l'ora di leggere un po' di giornali e di chiamare mia sorella, chissà come se la passa! E tu Bandini che mi racconti, sei sempre fidanzato? In che anno siamo?
Ho detto a Cinzia di stare zitta e di fare finta di essere tipo svenuta, lei mi ha guardato strano, poi ha detto okay e ha chiuso gli occhi.
– Secondo me è il 2029 – ha detto, con gli occhi chiusi.
– Vuoi stare zitta?
Eravamo già nel corridoio che porta all'uscita, quando alle nostre spalle abbiamo sentito la voce del tizio con il camice bianco.
– Ehi voi! Allora tutto risolto in Sala Ibernazione?
– Tutto risolto, capo.
– Ehi, chi state portando in quel carrello? Non avrete mica decongelato un'ibernata? No perché è severamente vietato, ah ah.
– No no, lei è una nostra amica, si era persa, ah ah.
– Come, persa?
– Si era persa nel data center, ah ah.
– Ma come è possibile, su, ah ah.
– Ah ah, già, è pazzesco.
– Come ha fatto a...
– Ah ah ah. Aha ah ah.
– Ah ah, ha, haaa. Boh, andate pure, e Buon Natale.
– Ah! ah! Ah!
Naturalmente, una volta usciti, anche il tizio della guardiola ha voluto dire la sua. La gente non si rilassa neanche il giorno di Santo Stefano, la gente non si rilassa mai.
– E quella chi è? Non è entrata con voi – ha detto, aprendo la finestrella.
– È una delle cassibernate. La stiamo trafugando – ha detto Ermete. Il tizio ha riso e con un gesto della mano ci ha mandati al diavolo.
– Mattacchioni! Andate pure, prima che chiami la polizia – ha detto fingendo di ammiccare. Aveva le lacrime agli occhi, non so se per il freddo o per le risate. Dieci minuti dopo eravamo nella mia macchina e stavamo uscendo dalla Zona Deumanizzata infestata di licheni, verso la parte di città infestata dal Natale. Cinzia era seduta dietro e guardava dal finestrino.
– Tutto bene? – ho chiesto.
– In che anno siamo?
– 2010.
– Che cosa?
– Sta scherzando – ha detto Ermete –, è il 2022.
– Ah ecco! Mi pareva! Sempre spiritoso Bandini eh? In effetti la città sembra sempre la stessa, ma dopotutto a guardarla bene sotto sotto si vede che è cambiata, che è diversa da dodici anni fa. Chissà quante cose sono successe! Vedo che gli alberi di Natale si usano ancora però. Grazie per essermi venuti a prendere. Ce le hai ancora le chiavi di casa mia Bandini?
– Sì, ma stasera è meglio se dormi da me.
Dopo un po' Cinzia si è addormentata. La sua testa penzolante sbatteva contro il finestrino a ogni curva.
– Perché le hai mentito? – ho chiesto a Ermete.
– Eh?
– Perché le hai detto che è il 2022?
– Non volevo tipo traumatizzarla.
– Bella mossa. E quanto credi che ci metterà ad accorgersene?
– Perché dovrebbe accorgersene?
– Perché non è cambiato un cazzo, ecco perché. Perché siamo nel 2010.
– Se è per questo, potrebbe essere benissimo anche il, boh, 1994.
– Ma infatti – ho convenuto io –. E adesso?

20 dicembre 2010

La mia indispensabilità

Armenia da ieri è in montagna e così io ieri non avevo niente da fare, ho guardato un po' la tv, in tv c'erano i trailer del film di Natale al cinema, nel trailer del film di Natale al cinema si vedeva una tizia della televisione, e avanti così, era tutto un travaso televisione-cinema e cinema-televisione, mi piacerebbe una volta nella vita vedere – chessò – un travaso televisione-tostapane, o lavatrice-cinema, con o senza decoder. Mi stavo annoiando e allora mi è venuta la geniale idea di ordinare una pizza da RapidoPizza e di farmela consegnare, ovviamente non avrebbero potuto consegnarmela essendosi il loro consegnatore di pizze a domicilio, cioè io, recentemente licenziato, insomma volevo metterli in difficoltà e magari costringerli a riconoscere il mio essere indispensabile, la mia insomma indispensabilità, e quindi mi avrebbero chiamato, implorandomi di tornare a lavorare da loro e magari proponendomi un aumento, era un piano fantastico. Infatti ho telefonato, naturalmente camuffando la mia voce e fingendo un accento straniero. Ha risposto Gina.
– Buonasera, qui RapidoPizza.
– Prondu?
– Qui RapidoPizza, dica.
– Prondu, che parlo co rrrabidopisa?
– Qui RapidoPizza, sì.
– Vurei urrrdinèere un pisa.
– Come?
– Un pisa, vorrei – vurei, urrdinnnari, uni, pisa, piza.
– Vuole ordinare una pizza? Benissimo, dica pure.
– Scì, ma però la vulissi a dumizillio. Dumicillio. Pisa dumicillio, capì?
– Pizza a domicilio, certo, gliela consegnamo a casa noi. Non c'è problema.
Ci sono rimasto schiantato. Non c'è problema? Come sarebbe? Non ci potevo credere, mi avevano già sostituito.
– Signore? È sempre lì?
– Scine, scì. Sto aqquà.
– Come la vuole la pizza, signore?
Dovevo inventarmi qualcosa, allora ho pensato di fare un'ordinazione complicatissima.
– Vulissi una 2 Mezzestagioni, ma perrrò suopra, 'ncuoppa, ci vulissi anca un pucinin de cod.
– Cod?
– Cod, scì la cod. A la vaccinàr.
– Coda alla vaccinara?
– Nu poche, scì.
– Vuole un po' di coda alla vaccinara sopra la 2 Mezzestagioni?
– Scì, preggiso. Ma perrrò non ci vulissi li fonche. Gnente fonche pe piacè, signurrì.
– Fonche?
– scì, li fonche. Li founch. Capì?
– Funghi? Vuol dire funghi?
– Preggiso, li fonche. Nix fonche, che mi sunt alergetico a li fonche.
– Va bene, niente funghi.
– Grasie.
Ho lasciato l'indirizzo e poi ho messo giù, soddisfatto della mia performance. La 2 Mezzestagioni era la bestia nera di Lacazza, aveva un numero impressionante di ingredienti, era basata su un equilibrio di sapori delicatissimo, me lo vedevo a preparare la pizza bestemmiando. Mi sono messo ad aspettare la consegna, pronto a lamentarmi con il ragazzo del ritardo della consegna e del fatto che la pizza era fredda e tutta la solita procedura. Appena venti minuti dopo hanno suonato alla porta, ho aperto, già mi fregavo le mani. Sul pianerottolo è sbucata una tizia con un cartone di RapidoPizza in mano e una serie di piercing al naso.
– Sei tu che hai ordinato la 2 Mezze Stagioni?
– Ssssì. Sei tu che fai le consegne?
– No, io faccio l'astronauta, non vedi? Sono 7 euro e 50, cocco.
Ho fissato la tipa. Con la destra mi porgeva il cartone, con la sinistra reclamava i soldi, con la bocca ciancicava una gomma, facendo un rumore di criceto stritolato. Ho preso il cartone, l'ho aperto. Una vampata di caldo mi ha accarezzato le gote. Ho sorriso.
– Questa pizza è fredda.
– È uscita dal forno cinque minuti fa, cocco.
– Avevo chiesto niente funghi.
– E infatti non ci sono. 7 euro e 50, cocco. Veloce, per piacere, che ne devo portare un'altra.
– Hai dei pezzi di ferro sul naso.
– Il mio fidanzato ce li ha sul cazzo. 7 euro e 50, cocco – veloce, su.
Ho pagato con 8 euro. La tipa mi ha guardato. La mia mano era aperta, a reclamare il resto. La tipa, fissandomi, ha estratto 50 centesimi e li ha lanciati in aria. Li ho presi al volo.
– Grazie – ho detto.
La tipa s'è girata e se n'è andata. Indossava delle galosce che facevano gneec, gneec, il suono perfetto del suo odio. Ho richiuso la porta. Ero furioso. Ho aperto il cartone e ho strappato un lembo di pizza e l'ho messo in bocca. Era ancora caldo. Masticavo rabbiosamente, cercando di far emergere lo schifo. Era la migliore pizza che Lacazza avesse mai fatto. Poi ho pensato che non avevo lasciato la mancia e che la tipa aveva sicuramente marchiato il mio citofono. Sono corso fuori a controllare: accanto al mio nome c'era un graffietto circolare. Maledetta stronzetta pirsingata! Sono salito in casa a cercare un pezzo di carta vetrata per cancellare il tondino, non c'è stato verso di trovarlo. Mi è arrivato un sms di Armenia dalla montagna: NN SAI QUELLO K TI PERDI. Ho preso la pizza e l'ho lanciata dalla finestra, urlando.

16 dicembre 2010

Gli ultimi vinceranno

Ho litigato con Armenia, lei mi ha detto: perché visto che ti sei licenziato da RapidoPizza quest'anno a Natale non vieni in montagna con me così finalmente ti presento ai miei? Ma io non amo sciare, e non lo dico perché non so sciare: è soltanto una coincidenza. A me questa cosa di fare le discese sugli sci e di risalire facendosi portare dagli impianti mi sembra una cosa del tutto infantile. Secondo me dei veri esseri umani dovrebbero fare il contrario, fare le salite sugli sci e poi usare gli impianti per scendere, questo sarebbe uno sport da adulti, bello sforzo fare i fighi lasciandosi scivolare sulla neve, e neanche sforzarsi di tornare in cima con i propri piedi, no!, si prendono i skilift!, bello sforzo!, chi non sarebbe capace di sciare così? Jimmy Bandini dice no, ho detto ad Armenia. Jimmy Bandini vuole un impianto dove poter salire sciando, e usare poi la giostrina per scendere, dopo aver conquistato la montagna a colpi possenti di reni, gli sci ai piedi. E pensare che fanno anche le gare di velocità, a scendere, con gli sci! Vince chi arriva prima! Che sarebbe come fare delle gare di lancio da un aereo in volo, senza paracadute, e vince chi arriva primo. Capirai! La gara semmai dovrebbe vincerla chi arriva ultimo, chi sa opporsi strenuamente alla forza di gravità, chi non cede alle leggi della fisica. Uguale con gli sci. Ma Armenia non si è convinta. "Sei un codardo" mi ha detto, e se n'è andata. La gente non è ancora pronta per lo sci in salita, mi sa.

14 dicembre 2010

Non posso crederci

Non ce l'ho fatta. Stamattina sono andato da Creativo n.2, era nella Saletta Ristoro, stava sorseggiando un 32 e mangiando un 41 ed era impalato davanti al distributore automatico di snack che fissava il 24, o il 25.
– E va bene, dimmi chi – gli ho detto, cercando di mantenere la voce calma, ma la mia voce era ugualmente piena di piccole crepe, avevo finito i NonCiPensare.
– Chi, cosa – ha risposto lui, monocorde, senza neanche guardarmi.
– Chi è che sai che sta nella Zona Deumanizzata vicino al vecchio ripetitore tv.
Creativo n.2 per un attimo ha sorriso, tradendosi.
– Non "chi", ma "cosa".
– Che?
– Non "chi", Bandini. "Cosa" – ha ripetuto.
– E va bene, allora "cosa" è nella Zona Deumanizzata vicino al vecchio ripetitore tv?
Solo in quel momento si è girato verso di me.
– Il data center.
– Il data center?
– Il data center.
– Il data center della Clebbino?
– Il data center della Clebbino.
– Il data center della Clebbino è nella Zona Deumanizzata?
– Il data center della Clebbino è nella Zona Deumanizzata.
– Il data center della Clebbino è nella Zona Deumanizzata vicino al vecchio ripetitore tv?
– Il data center della Clebbino è nella Zona Deumanizzata vicino al vecchio ripetitore tv.
– Il data center della Clebbino è nella Zona Deumanizzata vicino al vecchio ripetitore tv a uona ghena uona uonciu zigo zago zigo flip?
– Il data center della Clebbino è nella... ehi, che vuoi dire?
– Niente. Era un controtest. E come lo sai?
– E tu, come non lo sai?
La cosa stava diventando snervante.
– Non prendermi per il culo. L'ubicazione del data center è top secret per ragioni di sicurezza – ho detto io.
– Me l'ha detto Creativo n.1 – ha risposto lui, con noncuranza.
– Ah sì?
– Oh sì.
– Eggià.
– Oggià.
Sono stato zitto.
– Avanti, dillo – ha fatto lui, dopo un po'.
– No.
– Coraggio.
– No.
– Essù. "Ma Creativo n.1 è morto", dillo.
– Morto? Quando?
– Senti coglione. Mi avete rotto, tutti quanti, con questi giochetti, chiacchiere, pissi pissi, strategie, io non sono così, chiaro. Perciò ecco: ero nel cesso a tentare di espellere un grosso stronzo a forma di sciabola, quando ho sentito nell'antibagno la voce del nostro capo e la voce del capo del nostro capo, e il capo del nostro capo stava dicendo al nostro capo qualcosa tipo "l'avevo detto io a quelli della direzione strategica che deferire i cassibernati nel data center era una cazzata, sono mesi che il vecchio ripetitore tv è infestato dai licheni, quanto vuoi che ci mettano ad arrivare anche al data center, e dopo basta un cortocircuito" eccetera eccetera.
– Non posso crederci.
– Già, chi l'avrebbe detto che il data center era nella Zona Deumanizzata?
– Non intendo quello. Davvero hai fatto uno stronzo a forma di sciabola?
– Grosso così – ha detto, mimando la lunghezza con le mani.

13 dicembre 2010

Non so cosa ma so dove

Sono riapparsi i post-it neri, attaccati qua e là, sui nostri computer, sulle nostre sedie, sulle nostre stampanti, sulla nostra cancelleria, sui nostri calendari. Pensavamo che fosse uno scherzo del Reparto Entropia, ma adesso il Reparto Entropia non c’è più, sono tutti in Cassa Ibernazione, e dunque? Secondo Creativo n.3 è Creativo n.1 ad appiccicare i post-it neri nei nostri uffici.
– Ma Creativo n.1 è morto – ho detto io.
– Ecco perché ho paura – ha sussurrato Creativo n.3.
– Morto? Quando? – ha chiesto Creativo n.4.
Sono post-it su cui non è scritto niente, e vorrei vedere. Per scriverci sopra bisognerebbe usare tipo il bianchetto. Chissà cosa vogliono dire: forse non vogliono dire niente: è questa la cosa peggiore probabilmente, che non significano niente: o forse, significano il niente: e comunque i due punti sono veramente fichi.
– So dov’è – ha detto oggi in sala mensa Creativo n.2. Si aspettava che gli chiedessimo: chi? Ma nessuno di noi l’ha fatto, per non dargli soddisfazione. Le nostre giornate passano così, è un'estenuante battaglia, sempre. Ma qualcosa bisognava pur dire, e allora io ho detto:
– Dove? – e Creativo n.2 ha fatto una faccia, si aspettava che gli chiedessi chi, non dove.
Ha deglutito, poi ha detto: nella Zona Deumanizzata, vicino al vecchio ripetitore tv.
Tutti scoppiavamo dalla voglia di chiedergli chi, o che cosa. Creativo n.3 si mordeva ferocemente le labbra. Io per stare zitto sono scappato in bagno. Sulla porta c’era appiccicato un post-it nero.