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Chi, è?

Ieri ho scambiato due parole col postino, che mi ha recapitato una raccomandata, che io però ho rifiutato perché non mi piacciono le raccomandazioni. In particolare il postino ha condiviso con me una riflessione nata da anni e anni di citofonate per farsi aprire la porta. Secondo il postino, la gente quando risponde al citofono chiedendo “chi è?” sbaglia l’intonazione. Mette l’accento sull’“è”, e la domanda suona sempre come: chi osa “essere”?, chi si permette di esistere? Quando invece sarebbe una domanda innocua, volta a conoscere l’identità di chicchessia. E allora bisognerebbe mettere l’accento sul “chi”, domandare: “Chi, è?” Ma forse invece è giusto così, forse sotto sotto la gente non si capacita del fatto che qualcuno si ostini a esistere, a stare al mondo, a fare cosa poi. Poi ci sono quelli che al citofono rispondono “Sì?”, cosa che paralizza il mio nuovo amico postino. Lui di solito conferma, ripetendo sì, e il dialogo allora si svolge di solito in questo modo: – Sì? – Sì! – ...
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Mies van der Rohe

 Ieri sera al corso deprofessionalizzante del centro per l’impiego l’insegnante ci ha parlato del demansionamento come valore.  «Che cosa diceva Mies van der Rohe?» ha chiesto. Nessuno ha alzato la mano. Un tizio in terza fila si è messo un dito nel naso. Un chihuahua ha cagato un stronzo a forma di punto interrogativo nei pressi della cattedra, prima di essere richiamato dal proprietario che passava di lì. «Che cosa avrebbe detto quella puttana? Che dobbiamo dare altri soldi alla troika?» ha urlato uno dal fondo. L’insegnante, che si chiama prof. Caramelli, è avvampata. «Mies van der Rohe era un architetto e designer tedesco» ha detto, scrivendo il nome sulla lavagna analogica. «Ah mi scusi professoressa, avevo capito von der Leyen» ha detto la voce dal fondo. Caramelli ha scritto alla lavagna “Less is more”. Qualcuno mi ha tirato una pallina di carta. Ho preso la pallina, l’ho srotolata. Sul pezzetto di carta c’era scritto "Vuoi un pompino? Vieni in bagno dopo la lezzione”. ...

Specismo e squatterismo

Dolly, la mia pecora gonfiabile e sex pet, da qualche giorno mi tiene il muso. Ho il sospetto che sia per il fatto che io ho un figlio nato da una precedente relazione (Domenico, nato dalla mia storia con Eugenia, la mia ex bambola gonfiabile) e questo, in qualche modo, la rende gelosa. Forse dovrei mettere le cose in chiaro con lei, e cioè che non intendo avere nessuna relazione sentimentale seria, e men che meno metter su famiglia. E se proprio devo dirla tutta mi dà fastidio il modo in cui ignora quasi l’esistenza di Domenico, come se lo considerasse un essere vivente di terza o quarta categoria. Non pretendo certo che una pecora sintetica in lana merinos e vinile accetti di fare da madre a un geco, non le chiedo tanto: semplicemente un po’ di gentilezza e di considerazione. Domenico in fondo non ha colpe. Comincio a pensare che Dolly abbia un atteggiamento specista, e questo per me è inaccettabile. Siamo tutti uguali agli occhi di... di chi? Di Noè, immagino. Che sulla sua arca acc...

Sul chi vive per sgamare le intelligenze artificiali

  Mi suona il telefono, un numero sconosciuto. Rispondo, tirando a indovinare. «Pronto, non mi serve nessuna cella elettrolitica per la produzione domestica di idrogeno, grazie, la saluto» «Sono Ermete, aiutami, sono improvvisamente cieco!» «Ermete? Ma lavori in un call center?» «Che call center? Questo è il mio numero. Ho bisogno di aiuto Bandini, non ci vedo più un cazzo neanche dall’occhio buono.» «Così di botto? Forse è saltata la corrente.» «Sono le dieci di mattina, testadicazzo!» «Ok arrivo subito.» Mentre guidavo verso la Zona Deumanizzata mi sono ricordato che Ermete non aveva un telefono cellulare. E se fosse la solita truffa telefonica? Magari fatta con la intelligenza artificiale che imita la voce di Ermete per estorcermi del denaro? Però non mi aveva chiesto soldi. Magari adesso arrivavo a casa sua e c’era una intelligenza artificiale con le sue sembianze pronta ad aggredirmi fisicamente e a derubarmi per poi andarsi a comprare la droga stupefacente. Un’intelligenza ar...

La logistica

Alfo dice che c'è sempre meno verde e campi e sempre più cemento e capannoni, e che questa si chiama logistica. Un tempo, migliaia di anni fa, eravamo tutti cacciatori-raccoglitori, quindi nomadi. Poi, a un certo punto, siamo diventati sedentari, e lì – dice Alfo – è iniziato il declino. Con l'agricoltura; e non contenti, abbiamo peggiorato le cose con l'industria. Abbiamo smesso di muoverci per procaccarci il cibo, ma almeno uscivamo di casa per andare a lavorare e per fare shopping. Dopo hanno inventato il telelavoro, e anche l'e-commerce, e adesso non dobbiamo più uscire per fare niente. Siamo fottuti. Prima noi uscivamo, dovevamo muoverci per procurarci le cose. Adesso stiamo fermi e facciamo muovere le cose e ce le facciamo portare comodamente a casa dalla logistica. Per ora la logistica si serve di esseri umani, ma tra un po' non serviranno più a niente, ci saranno le AI a gestire la logistica e i droni a consegnarci le cose, così non dovremo fare più niente. ...

Una nuova vita, forse

Al centro per l'impiego mi hanno detto che sono “troppo qualificato” e questo lega le mani a qualsiasi datore di lavoro che per venirmi incontro e non sovraccaricarmi di responsabilità sarebbe disposto a darmi un lavoro sottopagato di tutto rispetto. Così l’impiegata del centro mi ha consigliato di iscrivermi a un corso “deprofessionalizzante” grazie al quale, se mi applico, posso sradicare tutte le competenze e le qualifiche che ho acquisito in tutti questi anni di contratti Co.Pro.Fa.G.O. alla Clebbino e diventare così appetibile per il vivace e scoppiettante mercato del lavoro. Naturalmente ho accettato. Il corso si tiene tutti i lunedì e i giovedì sera alle ore 20 in una ex-palestra nella Zona Deumanizzata che per anni il Comune ha utilizzato come area di sgambatura per cani al coperto. Per la verità c'è ancora qualche ostinato cittadino che continua a portare il suo cane a sgambarsi nella struttura, e non è facile seguire la lezione restando seduti sui banchi di scuola con...

Le bambine, i bambini

 Siccome le bambine e i bambini di tutto il mondo si erano stufati di essere fatti a pezzi dai bombardamenti, di morire di fame, o malnutrizione, o di diarrea o di malaria o di polmonite, di lavorare come schiavi in miniera o nelle piantagioni o nelle fabbriche, di venire sfruttati sessualmente, o anche solo di essere accompagnati a scuola da genitori indaffarati a scrollare sui loro smartphone; allora cominciarono, tutti insieme, a urlare: basta! basta! basta! E quelli più piccoli che non sapevano parlare si limitavano a urlare, rossi in volto, stringendo i pugni e agitandoli in aria; e siccome neanche così furono ascoltati, ma vennero solo sgridati, picchiati, o peggio ignorati; allora come forma di protesta estrema decisero di smettere di nascere, e non vennero più al mondo, in nessun modo, né naturale né artificiale; e nel giro di poco meno di un secolo l’umanità si estinse e così molti problemi, se non tutti, furono infine risolti.