Passa ai contenuti principali

Chi, è?

Ieri ho scambiato due parole col postino, che mi ha recapitato una raccomandata, che io però ho rifiutato perché non mi piacciono le raccomandazioni. In particolare il postino ha condiviso con me una riflessione nata da anni e anni di citofonate per farsi aprire la porta.
Secondo il postino, la gente quando risponde al citofono chiedendo “chi è?” sbaglia l’intonazione. Mette l’accento sull’“è”, e la domanda suona sempre come: chi osa “essere”?, chi si permette di esistere? Quando invece sarebbe una domanda innocua, volta a conoscere l’identità di chicchessia. E allora bisognerebbe mettere l’accento sul “chi”, domandare: “Chi, è?” Ma forse invece è giusto così, forse sotto sotto la gente non si capacita del fatto che qualcuno si ostini a esistere, a stare al mondo, a fare cosa poi. Poi ci sono quelli che al citofono rispondono “Sì?”, cosa che paralizza il mio nuovo amico postino. Lui di solito conferma, ripetendo sì, e il dialogo allora si svolge di solito in questo modo:
– Sì?
– Sì!
– Ma chi è?
– Lei intende: chi, è?
– Ma vai a fare in culo.
Col risultato che poi non riesce a consegnare la posta. Oggi come oggi consegnare la posta è diventato difficilissimo, dice. Non c’è mai nessuno in casa: dove vanno tutti? E se ci sono, non ti aprono. E poi lui vive un dramma personale: abita da solo, e quindi la mattina non è mai in casa, perché è in giro a consegnare la posta. E così, il postino che deve consegnargli la sua, di posta, non lo trova mai. Così lui quanto torna a casa trova sempre gli avvisi di mancato recapito. Ormai ne ha una montagna in casa.
«La posta è un inferno» ha detto, mettendosi in tasca la mia raccomandata.

Commenti