Al centro per l'impiego mi hanno detto che sono “troppo qualificato” e questo lega le mani a qualsiasi datore di lavoro che per venirmi incontro e non sovraccaricarmi di responsabilità sarebbe disposto a darmi un lavoro sottopagato di tutto rispetto. Così l’impiegata del centro mi ha consigliato di iscrivermi a un corso “deprofessionalizzante” grazie al quale, se mi applico, posso sradicare tutte le competenze e le qualifiche che ho acquisito in tutti questi anni di contratti Co.Pro.Fa.G.O. alla Clebbino e diventare così appetibile per il vivace e scoppiettante mercato del lavoro.
Naturalmente ho accettato.
Il corso si tiene tutti i lunedì e i giovedì sera alle ore 20 in una ex-palestra nella Zona Deumanizzata che per anni il Comune ha utilizzato come area di sgambatura per cani al coperto. Per la verità c'è ancora qualche ostinato cittadino che continua a portare il suo cane a sgambarsi nella struttura, e non è facile seguire la lezione restando seduti sui banchi di scuola con le rotelle dell'era Covid mentre un pitbull con gli occhi a palla strafatto di snack addizionati per cani sfreccia su e giù tra i banchi. L'insegnante una volta ha provato a spiegare agli avventori che quello spazio adesso ha una diversa destinazione ed è precluso ai migliori amici dell'uomo (e della donna, per carità), ma quando si è ritrovato atterrato da un dobermann pronto a recidergli la giugulare al primo segnale della sua padroncina tatuata, ha desistito.
La prima lezione è consistita nella riscoperta della fragilità come qualità necessaria per chiunque si affacci o si riaffacci nel dinamico mondo del lavoro. Per anni ci hanno fatto una testa così con la resilienza (parola che l'insegnante ha pronunciato deformando la bocca in una smorfia di schifo), ma come dice il proverbio, la resilienza genera mostri. È tempo di riapprezzare il suo contrario, la fragilità, la capacità di andare in pezzi facilmente, di soccombere alla prima difficoltà. Le aziende del terzo millennio hanno bisogno di lavoratori di questo tipo, che tremino, che sappiano tutta la loro finitudine e perciò siano consci della fortuna che hanno di essere ancora vivi, che tengano gli occhi aperti durante il turno di notte straordinario alla pressa o quando si muovono su un cantiere coraggiosamente privo delle più elementari norme di sicurezza. Mi sono tornati in mente i Giorni della Rivincita, quando lavoravo al Reparto Entropia della Clebbino e tutti i dipendenti potevano vendicarsi delle nostre marachelle torturandoci fisicamente e psicologicamente, era in fondo un modo per minare la nostra autostima e restituirci la nostra fragilità, tra l'altro si teneva proprio nella palestra aziendale, e questo oltre ad avermi riempito il cuore di nostalgia mi ha fatto riflettere su quanto fosse avanti la Clebbino rispetto alle altre aziende.
Ma una volta che sarò completamente dequalificato potrò di nuovo bussare alla porta della Clebbino e sarà come tornare a casa, sarà come ricominciare la vita daccapo, come tornare giovane, tornare a tremare come al primo appuntamento con una ragazza, le guance in fiamme, le unghie mordicchiate, la sensazione dolciastra di non meritarmi neanche un briciolo di felicità. Non vedo l'ora.
15 febbraio 2025
Una nuova vita, forse
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