Stavo grattando via lo sperma secco dalla cavità orale di Eugenia aiutandomi con uno scovolino di fabbricazione cinese, quando è suonato il telefono. Era mio padre.
- Cosa stai facendo? – ha chiesto.
- Sto facendo un sondaggio – ho risposto.
- Come, un sondaggio. Anche tu adesso fai i sondaggi?
- Sì, stavo sondando.
- No, ti prego non dirmi, non dirmi che sondaggio è. Non lo voglio neanche sapere. E soprattutto non chiedermi di partecipare.
- Non te lo chiederò. Che c’è?
- Dovresti farmi un favore. Sto riparando il rubinetto della cucina e non trovo più la cagna. Ce l’hai per caso tu?
- Non ho nessuna cagna. Ho il pappagallo.
- Ce l’hai tu, allora.
- Ti dico che ho il pappagallo, non la cagna.
- Sono la stessa cosa, la cagna, il pappagallo.
- È la prima volta in vita mia che ti sento chiamare il pappagallo cagna.
- E io è la prima volta che ti sento chiamare la cagna pappagallo. Allora, me lo porti?
- La cagna o il pappagallo?
- Quello che ti pare perdio, basta che me lo porti.
Ho lasciato Eugenia con lo scovolino in bocca, ho preso il pappagallo e sono uscito. Ho pensato che potevo fare uno scherzo a mio padre e passare dal negozio di animali, comprare un pappagallo vero, con le penne e tutto, e portargli quello, ma poi m’è passata la voglia e poi non faceva così tanto ridere dopotutto. Comunque secondo me l’utensile assomiglia di più a un pappagallo che a una cagna.
- Non capisco come lo si possa chiamare cagna, assomiglia di più a un pappagallo – ho detto a mio padre quando mi ha aperto la porta.
- Forse quando l’hanno chiamato cagna, i pappagalli non c’erano ancora. Magari la cagna è stata inventata prima che importassero i pappagalli in Europa, tipo nel Medioevo, e l’inventore della cagna non poteva avere il pappagallo come termine di paragone, aveva soltanto i cani, e così l’ha chiamato cagna.
- E perché non l’ha chiamato cane, allora?
- Senti, non lo so. Me lo dài, quel coso, e la facciamo finita?
- Non mi hai convinto per niente e ora ti voglio dimostrare che assomiglia più a un pappagallo che a una cagna.
Ho chiuso tutte le imposte in sala per fare buio e ho puntato la lampada da tavolo contro la parete bianca, e posizionando il pappagallo davanti alla lampada ho mostrato a mio padre con l’infallibile metodo delle ombre cinesi che quella era senza ombra di dubbio (ombre cinesi, ombra di dubbio, ahaha, non so se) un pappagallo, e per togliergli ogni dubbio aprivo e chiudevo l’utensile e intanto facevo il verso del pappagallo. Mio padre invece ha cominciato ad abbaiare, prima piano, e poi sempre più forte, e indicava l’ombra, come per dire: lo vedi che è una cagna? Siamo andati avanti un quarto d’ora lui ad abbaiare e io a pappagallare, poi mio padre è andato in cucina e ha tirato fuori posate e coltelli e utensili da cucina per creare nuove suggestive ombre cinesi, e ci stavamo divertendo un mondo fino a quando io ho preso in mano un altro oggetto e sul muro è comparsa un’ombra rettangolare. Mio padre è ammutolito.
- Che roba è? – ha chiesto dopo un po’.
- Il telecomando – gli ho detto, muovendo il telecomando davanti alla lampada.
Siamo rimasti per un po’ a guardare quel rettangolo nero, minaccioso, sul muro. Nessuno di noi riusciva a dire più niente.
- Cosa stai facendo? – ha chiesto.
- Sto facendo un sondaggio – ho risposto.
- Come, un sondaggio. Anche tu adesso fai i sondaggi?
- Sì, stavo sondando.
- No, ti prego non dirmi, non dirmi che sondaggio è. Non lo voglio neanche sapere. E soprattutto non chiedermi di partecipare.
- Non te lo chiederò. Che c’è?
- Dovresti farmi un favore. Sto riparando il rubinetto della cucina e non trovo più la cagna. Ce l’hai per caso tu?
- Non ho nessuna cagna. Ho il pappagallo.
- Ce l’hai tu, allora.
- Ti dico che ho il pappagallo, non la cagna.
- Sono la stessa cosa, la cagna, il pappagallo.
- È la prima volta in vita mia che ti sento chiamare il pappagallo cagna.
- E io è la prima volta che ti sento chiamare la cagna pappagallo. Allora, me lo porti?
- La cagna o il pappagallo?
- Quello che ti pare perdio, basta che me lo porti.
Ho lasciato Eugenia con lo scovolino in bocca, ho preso il pappagallo e sono uscito. Ho pensato che potevo fare uno scherzo a mio padre e passare dal negozio di animali, comprare un pappagallo vero, con le penne e tutto, e portargli quello, ma poi m’è passata la voglia e poi non faceva così tanto ridere dopotutto. Comunque secondo me l’utensile assomiglia di più a un pappagallo che a una cagna.
- Non capisco come lo si possa chiamare cagna, assomiglia di più a un pappagallo – ho detto a mio padre quando mi ha aperto la porta.
- Forse quando l’hanno chiamato cagna, i pappagalli non c’erano ancora. Magari la cagna è stata inventata prima che importassero i pappagalli in Europa, tipo nel Medioevo, e l’inventore della cagna non poteva avere il pappagallo come termine di paragone, aveva soltanto i cani, e così l’ha chiamato cagna.
- E perché non l’ha chiamato cane, allora?
- Senti, non lo so. Me lo dài, quel coso, e la facciamo finita?
- Non mi hai convinto per niente e ora ti voglio dimostrare che assomiglia più a un pappagallo che a una cagna.
Ho chiuso tutte le imposte in sala per fare buio e ho puntato la lampada da tavolo contro la parete bianca, e posizionando il pappagallo davanti alla lampada ho mostrato a mio padre con l’infallibile metodo delle ombre cinesi che quella era senza ombra di dubbio (ombre cinesi, ombra di dubbio, ahaha, non so se) un pappagallo, e per togliergli ogni dubbio aprivo e chiudevo l’utensile e intanto facevo il verso del pappagallo. Mio padre invece ha cominciato ad abbaiare, prima piano, e poi sempre più forte, e indicava l’ombra, come per dire: lo vedi che è una cagna? Siamo andati avanti un quarto d’ora lui ad abbaiare e io a pappagallare, poi mio padre è andato in cucina e ha tirato fuori posate e coltelli e utensili da cucina per creare nuove suggestive ombre cinesi, e ci stavamo divertendo un mondo fino a quando io ho preso in mano un altro oggetto e sul muro è comparsa un’ombra rettangolare. Mio padre è ammutolito.
- Che roba è? – ha chiesto dopo un po’.
- Il telecomando – gli ho detto, muovendo il telecomando davanti alla lampada.
Siamo rimasti per un po’ a guardare quel rettangolo nero, minaccioso, sul muro. Nessuno di noi riusciva a dire più niente.
Commenti
dentro questo post (mirabile, as usual) c'è tutto, flagrante, il mistero della creazione.
Sicuramente, quella artistica.
>Cletus: ombre eravamo e ombre ritorneremo.
>Al3sim: quella che tu chiami scimmia, altri chiama elefante.
>(s.) Grazie del consiglio. Abbiamo poi scoperto io e mio padre che non riuscivamo più a parlare perché per sbaglio avevo premuto il pulsante di azzeramento dell'audio. Quanto al pensiero pinza ogm, sarà di qualche multinazionale che controlla le nostre menti. Noncipensare. Pasticca.
Cordialmente Suo
esther
esther
Prezzi modici, no perditempo.