22 gennaio 2020

Ops

Mio padre mi ha chiamato per una commissione, dovevo portare una scatola di vecchie foto a sua sorella, zia Marcella. Zia Marcella vive in campagna, ai margini della provincia, sono stato a casa sua solo un paio di volte, quando ero piccolo. Zia Marcella con l’età è diventata sentimentale, ha detto mio padre, consegnandomi la scatola con le foto. Aveva voglia di ripercorrere il passato. Perché non gli mandi il pacchetto con un corriere, ho chiesto io.
Lo sto facendo, ha risposto acido mio padre, e dopo avermi messo in mano la scatola di foto, mi ha chiuso la porta in faccia. Mio padre con l’età è diventato scorbutico.
Ho chiesto a Ermete di accompagnarmi, ci metteremo mezz’ora ad andare e venti minuti a tornare, gli ho detto. Come mai a tornare ci mettiamo dieci minuti in meno?, mi ha chiesto. Perché a quel punto saprò la strada, la saprò come le mie tasche, ho risposto. Cioè, piena di buche? ha detto lui.
Perché di fatto non mi ricordavo dove abitasse esattamente. Ma oggi come oggi, grazie al navigatore satellitare, questo non è più un problema. Oggi come oggi l’umanità ha sconfitto lo smarrimento, la perdizione, ho detto a Ermete mentre saliva in macchina. Ho impostato il navigatore con l’indirizzo di zia Marcella come destinazione, e ho cliccato su vai!
Siamo partiti. Il navigatore satellitare ha una voce di donna. Gira di qua, gira di là, prendi la seconda uscita, prosegui sulla strada principale per un chilometro e mezzo, con quel tono perentorio, ma anche distante, come se nel frattempo si stesse passando lo smalto sulle unghie. Ah sì? Ti sto forse annoiando, navigatrice satellitare? La mia destinazione non richiede un percorso abbastanza articolato per te? Ti sembra di perdere il tuo tempo, non è così?
Ho cominciato deliberatamente a disobbedire alle sue indicazioni. “Gira a destra”, e io giravo a sinistra. Allora lei, impassibile ricalcolava il percorso. “Alla rotonda, prendi la seconda uscita”. E io prendevo la prima. Ermete per un po’ è stato zitto, poi ha cominciato a schiarirsi la voce, poi non ce l’ha fatta più.
– Che cosa stiamo facendo? – ha chiesto controvoglia, forse non voleva davvero saperlo.
– Un antiviaggio – ho risposto io.
Lui ha annuito.
Dopo un po’ che ignoravo sistematicamente le sue indicazioni, la navigatrice satellitare ha sbottato:
– Okay, sai che c’è? Vaffanculo, veditela da solo! – e si è zittita.
Ho esultato, suonando il clacson.
– W lo smarrimento! W la perdizione! – ho urlato.
– Dove siamo? – ha chiesto Ermete.
Ho guardato lo schermo. Eravamo un puntino rosso al centro di un rettangolo grigio, intorno nessuna indicazione toponomastica, nessun riferimento. Ho fermato l’auto, siamo scesi. Attorno a noi era improvvisamente scesa la nebbia, una nebbia che sembrava piuttosto uno strato molle di gommapiuma.
– Ci siamo persi – ha detto Ermete.
– Ma no, – ho detto io – siamo solo andati un po’ troppo in là.
– Allora dobbiamo tornare indietro.
– Se sapessi dov’è il dietro e l’avanti.
– Bandini! Non ti allontanare, non ti vedo più.
– Sono qui – ho detto, e gli ho preso la mano.
– Qui dove? Sto agitando le mani, mi vedi?
Ops.


4 commenti:

Maurizio ha detto...

Sempre piacevole leggerti, Bandini... Alla prossima

Bandini ha detto...

Grazie Maurizio.

Unknown ha detto...

grazie dell'antiviaggio

Bandini ha detto...

Prego.