23 maggio 2014

Non incrociare mai i pattern

Creativa n.1 è entrata nel mio ufficio sventolando un post-it nero.
– E questo che significa?
Ommerda, ho pensato. Ho rovesciato le mani sulla scrivania, come per dire e io che ne so.
– Che roba è – ho chiesto.
– Un post-it nero. Era attaccato al monitor del mio pc. L’ho trovato lì stamattina, quando sono arrivata. Non c’è scritto niente. È uno scherzo? Un messaggio in codice?
– Hai provato a chiedere a n.2?
– Ho provato a chiedere a n.2.
– E?
– Mi ha detto che non lo sapeva, di chiedere a n.3.
– E tu sei andata a chiedere a n.3?
– E io sono andata a chiedere a n.3.
– E?
– Mi ha detto che non ne sapeva niente, di provare a chiedere a n.4.
– Mh. E hai provato a chiedere a n.4?
– Sì, ho provato a chiedere a n.4.
L’ho guardata negli occhi, in silenzio. Lei ha ricambiato il mio sguardo, senza aprire bocca. Ci siamo guardati per tre, quattro minuti, ogni tanto battendo le palpebre fuori sincrono. Poi non ce l’ho fatta più.
– E?
– Indovina. Mi ha detto che non lo sapeva, di venire a chiederlo a n.5. Ed eccomi qui. Meno male che siamo solo cinque.
Io ho riflettuto profondamente. Avevo passato una notte infernale, perché il mio maestro, che ha dormito sul divano, russa scompostamente, e poi non faceva che svegliarsi e andare in bagno e tirare lo sciacquone, per tutta la notte così. Quindi facevo un po’ di fatica a riflettere, a dirla tutta.
– E, dimmi, hai provato a chiedere a n.1?
– Sono io, n.1 – ha risposto lei, calma, come se la domanda facesse parte della procedura.
– Ah già!
– Vabè, non importa. Piuttosto, senti. Volevo condividere con te un’idea che mi è venuta – lo so che le idee noi le proponiamo in Sala Incubatrice, però ecco, volevo un tuo parere prima.
– Ti ascolto.
– Aspetta un attimo.
Ha appiccicato il post-it nero sulla mia scrivania ed è uscita di corsa. La gente fa continuamente cose che non capisco, sempre più spesso. Non so se è perché io capisco sempre meno, o se sono le cose a diventare sempre più incomprensibili, dev’essere un problema di pattern, che ne so, ho scritto la prima parola che mi è venuta in mente, pattern. N. 1 è tornata di corsa nel mio ufficio, aveva in mano un’arancia.
– Eccomi. Dunque, questa è un’arancia Clebbino, no? Un frutto che possiamo trovare al supermercato tutto l’anno.
– Sì, esatto.
– Bene. Però. Prendila in mano. Toccala.
Mi ha lanciato l’arancia, aspettandosi che io la prendessi al volo. Non l’ho presa al volo, non ho neanche alzato le mani dalla scrivania, mani che erano ancora rovesciate, con i palmi verso il soffitto, e così l’arancia mi è rimbalzata in fronte e da lì mi è caduta in mano. Quindi, in un certo senso, con il senno di poi, il senno e anche il senso di poi, in effetti sì che l’ho presa al volo, nonostante tutto. Ho rigirato l’arancia in mano.
– Non capisco. È una normale arancia – ho detto, mentre in testa mi rimbombava ancora quella parola: pattern, pattern, pattern…
– Senti la buccia. Non senti come è ruvida e rugosa? È la classica buccia d’arancia. Solo che, ho pensato, noi facciamo anche creme, creme per il viso, no?, creme che combattono quel fastidioso effetto di pelle a buccia d’arancia, ridonando alla pelle tono e sericità, noi combattiamo la pelle a buccia d’arancia e poi però lasciamo che la buccia d’arancia sia a buccia d’arancia, come se niente fosse? Ci contraddiciamo così? Perché non facciamo qualcosa, perché non creiamo una crema per combattere questo fastidioso inestetismo della pelle delle arance, per rendere anche le bucce delle arance lisce e vellutate, come ciliegie? Mai più bucce a buccia d’arancia! Questa è la mia idea. Che ne dici.
– È davvero un’ottima idea, n.1.
– Davvero?
– Davvero.
– Non lo dici solo perché, che ne so, perché sono una donna e vuoi tipo chiavarmi?
– No, ma come ti salta…
– Non vuoi chiavarmi?
– Sì, no, aspetta un attimo –
– Vuoi che cancelliamo quest’ultima parte? Da “non lo dici solo perché” eccetera eccetera?
– Forse è meglio.
– Forse lo è.
– Meglio non confondere i pattern.
– No infatti.
Ha sorriso.
– Allora grazie. A dopo.
Se n’è andata. Ho cominciato a sbucciare l’arancia e a mangiarla. Faceva schifo. Sul tavolo era rimasto il post-it nero. Tremava impercettibilmente, mosso da una brezza invisibile.

2 commenti:

Effetto Pauli ha detto...

Bellissimo.

Bandini ha detto...

sì? io pensavo soltanto "un tipo".