Sono andato nella Zona Deumanizzata a trovare Ermete. Indossava un giubbotto di jeans e sotto una specie di gilet fatto con le buste della spesa e stava raccogliendo lumache nel cortile dietro al condominio diroccato dove vive.
– Ah sei tu. Sei venuto a farmi gli auguri di Pasqua?
– Veramente tra un po' è Natale.
– Natale? Pensa tu.
– Che ci fai con le lumache, le mangi?
Mi ha guardato di traverso e ha cominciato a ridere, si stava sbellicando.
– Fa così tanto ridere?
Ha fatto un gesto con la mano mentre rideva, come per dire "altroché".
– Ma dicevo sul serio, non era una battuta.
– Ah. Pensavo. No, comunque no, non le mangio, me le faccio strisciare addosso la sera prima di addormentarmi, mi rilassa.
Dopo siamo entrati in casa, faceva un freddo tremendo. Lui si è tolto il giubbotto di jeans, restando in buste di plastica.
– Bevi qualcosa? – mi ha chiesto Ermete.
– Volentieri.
– Che ti dò?
– Quello che hai.
Si è alzato ed è andato in cucina, l'ho sentito rovistare. Poi è tornato con due bicchierini di plastica con dentro un amaro verdognolo.
– Salute – ha detto.
Abbiamo bevuto. Sapeva di collutorio.
– Com'è? – ha chiesto Ermete.
– Insomma. Sa di collutorio.
– È collutorio.
– Ah. In tal caso, niente male.
Poi siamo stati zitti. Si sentiva solo un sibilo, era il respiro di Ermete. Come una nota di violino tenue tenue, quando espirava. Io ero tranquillo perché sapevo che mai Ermete mi avrebbe detto "Allora, che mi racconti?" o qualcosa del genere, no, lui sarebbe stato zitto, e infatti stava zitto, e suonava il violino con il respiro, piano. Anche se faceva freddo mi sono un po' assopito.
– Ah sei tu. Sei venuto a farmi gli auguri di Pasqua?
– Veramente tra un po' è Natale.
– Natale? Pensa tu.
– Che ci fai con le lumache, le mangi?
Mi ha guardato di traverso e ha cominciato a ridere, si stava sbellicando.
– Fa così tanto ridere?
Ha fatto un gesto con la mano mentre rideva, come per dire "altroché".
– Ma dicevo sul serio, non era una battuta.
– Ah. Pensavo. No, comunque no, non le mangio, me le faccio strisciare addosso la sera prima di addormentarmi, mi rilassa.
Dopo siamo entrati in casa, faceva un freddo tremendo. Lui si è tolto il giubbotto di jeans, restando in buste di plastica.
– Bevi qualcosa? – mi ha chiesto Ermete.
– Volentieri.
– Che ti dò?
– Quello che hai.
Si è alzato ed è andato in cucina, l'ho sentito rovistare. Poi è tornato con due bicchierini di plastica con dentro un amaro verdognolo.
– Salute – ha detto.
Abbiamo bevuto. Sapeva di collutorio.
– Com'è? – ha chiesto Ermete.
– Insomma. Sa di collutorio.
– È collutorio.
– Ah. In tal caso, niente male.
Poi siamo stati zitti. Si sentiva solo un sibilo, era il respiro di Ermete. Come una nota di violino tenue tenue, quando espirava. Io ero tranquillo perché sapevo che mai Ermete mi avrebbe detto "Allora, che mi racconti?" o qualcosa del genere, no, lui sarebbe stato zitto, e infatti stava zitto, e suonava il violino con il respiro, piano. Anche se faceva freddo mi sono un po' assopito.
Commenti
PS. ma il gilet di buste di plastica era di Laura Biagiotti ?
gmai
> Pella, ho scoperto che le lumache sono quelle senza guscio, senza bisogno cioè di specificare che sono senza guscio, lumache e basta. Invece quelle con il guscio si chiamano più correttamente "chiocciole". E servono a spedire le mail.
> Gmai: una volta ho assaggiato con la punta della lingua il Cif. Sapeva di, Cif.
se due non si fanno domande, è perché hanno capito.
Giuro.
"Niente".
Ma dopo un po' nessuno ci fa più caso.
rimango sempre sconvolto dai racconti in cui non ci sia una morale in fondo !
poi vivo male tutto il resto della giornata, anzi mi fa proprio girare le balle !
se passerò un natale di merda ti riterrò responsabile bandini, è colpa tue e dei racconti a-morali !! Vergogna.