23 febbraio 2023

Gli effetti positivi delle cose non fatte

Sono andato al supermercato a comprare il Sale senza sale Clebbino©. L’impianto audio del supermercato trasmetteva in sottofondo della musica. Questa musica qualcuno l’aveva composta, qualcuno (in alcuni casi la stessa persona) l’aveva eseguita, qualcuno l’aveva prodotta, qualcuno l’aveva inviata alle stazioni radio, e qualcuno alle stazioni radio aveva deciso di trasmetterla, e qualcuno aveva deciso che noi dovessimo ascoltarla nei supermercati, nei centri commerciali, nei negozi, negli autolavaggio, nei luna park, negli ascensori, nei bar, nei negozi delle barberie e parrucchierie – che avevano nomi come Tagliati x Il Successo, In Barba Alla Noia, Mai Di Lunedì, Capellando – senza che nessun anello di questa catena si fosse chiesto per un istante: ma questa musica, è bella? Non era meglio il silenzio? Non è meglio perderle, certe occasioni? Purtroppo nessuno si prende la briga di misurare gli effetti positivi derivanti dal non fare le cose. Non so, per esempio tutte le guerre che si potevano fare e non si sono fatte. Tutti i post che la gente poteva scrivere sui social e non li ha scritti (pochi, pochissimi).
Ma anche il Sale senza sale, mi è venuto in mente mentre ero tra gli scaffali del supermercato ascoltando una musica che dal nulla era nata e ora stava facendo vibrare i miei timpani e poi i tre ossicini dell’orecchio senza che nessuno fosse riuscito a fermarla, anche il Sale senza sale, non bastava non farlo? Gli acquisti più convenienti in assoluto, non sono quelli che non si fanno?
E mentre rimuginavo su questi fatti tornandomene a casa avendo rinunciato a comprare alcunché, ho incontrato un vicino che indossava un cappotto blu, un cappello di feltro e un paio di pantofole.
«Guardi che è uscito di casa in pantofole» gli ho detto.
«Oh accidenti» fa lui, «è sicuramente un sogno. Mi capita spesso, in sogno, di uscire di casa in pantofole».
«No guardi, non è un sogno. È la realtà».
«Sarà la sua, di realtà. Non di certo la mia» ha risposto tutto risentito.
Non aveva tutti i torti. Siamo talmente egoriferiti che non pensiamo mai che può capitarci di fare le comparse nei sogni degli altri.



20 novembre 2022

Nuovi reality show e il business del fango

 COMPRO FANGO c’è scritto sull’insegna di molti negozi della città. Dev’essere il nuovo business in tempi di siccità, ho pensato. Stavo andando da Mediaworld a guardare un po’ di tv a scrocco. Appena entrato nel negozio, mi blocca l’addetto alla sicurezza che studia filosofia alle scuole serali.
– È un po’ che non venivi –, mi fa, che è sempre il suo modo timido di salutarmi.
– Come ti chiami? Scusa se te lo chiedo, ma mi sono accorto che ci conosciamo da anni ormai, e non so neanche come ti chiami, e dentro di me ti chiamo sempre “addetto alla sicurezza che studia filosofia alle scuole serali”, ma capisci anche tu che è un po’ lungo.
Ha detto che si chiama Alfonso, ma tutti lo chiamano Alfo. Io gli ho detto piacere, mi chiamo Massimo ma tutti mi chiamano Bandini, tranne mio padre.
– Come mai?
– Perché a mio padre piace chiamarmi per nome.
– No, intendo come mai ti chiamano Bandini.
– Perché è il mio cognome.
Mi ha detto che ha finito le scuole serali e che ha partecipato al casting per un nuovo reality show che si chiama Maître à penser, in cui giovani filosofi si sfidano all’ultimo sangue su un ring a colpi di sillogismi e confutazioni per decretare la filosofia peso massimo del Terzo Millennio. Ha brillantemente superato le selezioni e adesso aspetta che lo chiamino per registrare la prima puntata. Lui parteciperà in qualità di filosofo neokantiano.
– Interessante Alfo – ho mentito. Volevo togliermelo di torno per andare a vedere un po’ di sana tv. Ho fatto per avviarmi al reparto tv ma mi ha bloccato afferrandomi a una spalla.
– Lo sai – ha detto sorridendo – proprio l’altro ieri ti ho sognato. Ho sognato che ti beccavo al reparto piccoli elettrodomestici mentre cercavi di infilare il cazzo in un tostapane. Per lo spavento di essere stato colto sul fatto, l’uccello ti rimaneva incastrato nel tostapane e a quel punto eri costretto a comprarlo. Mi sono svegliato proprio mentre la cassiera avvicinava il lettore ottico al tuo cazzo per tentare di passarlo sul codice a barre del tostapane. Insomma, ti ho sognato e dopo due giorni ecco che ci incontriamo, non è una coincidenza incredibile?
– Le coincidenze sono sopravvalutate – gli ho detto cercando di liberare la mia spalla dalla sua presa, senza riuscirci.
– Che intendi dire, che non credi alle coincidenze? – ha detto, stringendo la morsa un po’ di più.
– No no, ci credo. Ma credo molto di più nelle non-coincidenze, che io chiamo scoincidenze. Accadono continuamente, se ci si pensa. Anche ora.
– Ora?
– Sì, per esempio, io non stavo affatto pensando a te, ma pensavo ai cazzi miei, e ai negozi che comprano fango, e proprio mentre penso questo, chi ho incontrato? Te. Che scoincidenza!
Alfo ha allentato la presa sulla mia spalla, e dopo qualche secondo l’ha mollata del tutto.
– Una scoincidenza... e capitano spesso, hai detto?
– Eh! Una via l’altra... è uno stillicidio... così tante che neanche ce ne accorgiamo. Siamo distratti dalle coincidenze, che sono solo fumo negli occhi... Ora per esempio. Sta accadendo di nuovo.
– Una scoincidenza? Dove? Come?
– Ma sì. Tu ti chiami Alfonso detto Alfo, giusto?
Ha annuito, sospettoso, e – mi è parso – anche un po’ spaventato.
– E indovina come si chiama il mio cane?
– Fuffi?
Gli ho dato una pacca sulle spalle.
– Quasi! Sarebbe stata una scoincidenza anche così, ma è molto di più. Tipo che io un cane proprio non ce l’ho!
Questo lo ha annientato. È rimasto immobile a rimuginare nel suo cervello da filosofo in erba e futuro concorrente di reality. L’ho salutato e sono andato al reparto tv, ma davano soltanto quei programmi di viaggi in cui ci sono noiosissime riprese aeree fatte da droni, almeno fossero droni militari che sganciano bombe, invece no, niente, fanno solo riprese che a tratti vengono accelerate e poi di nuovo rallentate, credo con l’intenzione di farti venire un attacco epilettico. Mi sono subito annoiato e allora sono andato al reparto piccoli elettrodomestici, alla ricerca di un tostapane delle dimensioni adatte.

1 ottobre 2022

L'arroganza di esistere

 Ho comprato una confezione di Minimacchine per Caffè Espresso Usa&Getta Clebbino. Ogni Minimacchina è alimentata a pile, il che la rende estremamente comoda perché ti permette di farti il caffè anche in assenza di gas o di elettricità. Inoltre ogni MCEUGC è monodose, con la cialda già inserita e la monodose di acqua in dotazione, basta premere il tasto con la tazzina e mettere la tazzina sotto l’erogatore, e poi si può buttare, così non c’è neanche bisogno di lavarla, il che permette di risparmiare acqua e tempo e energie. Ogni MCEUGC ha le dimensioni di una piccola borraccia, dunque estremamente pratica e portatile. Così adesso la mattina per bermi il caffè non devo neanche uscire dalla tenda che ho montato nel terrazzino di casa mia ed entrare in casa e accendere il fornello e farmi il caffè con la moka, tutte operazioni da boomer che io posso tranquillamente evitare bevendomi il mio caffè Clebbino. Mi piace dormire all’aperto in tenda, fare la vita da campeggio stando comodamente in casa mia e senza rinunciare alle commodity della vita contemporanea, unire l’utile al dilettevole, l’usa al getta, il pro al contro, e via dicendo di dicotomia in dicotomia (di palo in frasca eccetera).
Dal terrazzino inoltre posso sentire le tv accese nelle case dei vicini, l’altro giorno ho sentito un telegiornare dire che c’è l’inflazione cioè l’aumento dei prezzi dovuto anche all’aumento delle bollette dovuto all’aumento del prezzo del gas dovuto alla guerra in Ucraina dovuta all’esistenza stessa dell’Ucraina, infatti se questa non fosse esistita nessuno l’avrebbe attaccata. Uno Stato, uno Stato moderno, liberale, intelligente e saggio dovrebbe pensarci bene prima di esistere, chiedersi: esistendo, farò arrabbiare qualche altro Stato? Provocherò con la mia arroganza esistenziale una guerra magari nucleare? Farò aumentare i prezzi dei prodotti in altri Stati che esistono avendone tutto il diritto e che non si meritano di pagare prezzi eccessivi per acquistare una confezione di MCEUGC solo perché a me mi tira il culo e da inesistente voglio essere esistente? Questo dovrebbe chiedersi, uno Stato maturo.

30 aprile 2022

L'idea

L’idea, io me la ricordo così: con lo sviluppo tecnologico un giorno i lavori più pesanti o antipatici o alienanti o pericolosi li avrebbero fatti i robot, e noi esseri umani avremmo lavorato tutti di meno, e avremmo avuto più tempo per studiare, riposarci, camminare, ballare, fare giardinaggio, scopare. E lavorando tutti di meno, e facendo tutti lavori meno faticosi, il nostro fabbisogno energetico sarebbe diminuito, e avremmo avuto bisogno di meno cibo, e ci sarebbe quindi stato più cibo per tutti (questa ultima frase in realtà non fa parte dell’idea, cioè è più un’idea tutta mia, che mi è venuta prima mentre ero seduto sulla tazza del cesso).
Invece niente, facciamo in media lavori meno faticosi, è vero, quindi con meno dispendio energetico di un contadino o di un minatore dell’Ottocento (faccio per dire). Ma lavoriamo lo stesso tutti come scemi, anche con tutte queste nuove tecnologie, facendo lavori sempre più sedentari e mangiando però al contempo sempre di più, forse è fame nervosa, non lo so; e siamo, noi esseri umani dei paesi industrializzati, sempre più stanchi e stressati e grassi e insoddisfatti e livorosi.
L’idea quindi era una stronzata, oppure non è stata messa in pratica, è stata abbandonata?, non lo so. Qualcosa comunque non ha funzionato.
Sono andato al colloquio di lavoro alla Clebbino, in vista di una possibile nuova collaborazione.
«Dove si vede tra vent’anni?» mi ha chiesto il recruiter.
«In un campo profughi nella Foresta Nera, sotto un baracca improvvisata con il plexiglass, insieme a migliaia di altri italiani, scappati per via della siccità, delle inondazioni e delle frane».
Il recruiter ha annuito, ha intrecciato le dita delle mani sopra al tavolo.
«Non credo che lei sia la figura che stiamo cercando» ha detto, aggrottando la fronte e facendo un sorriso sconsolato.
«Capisco». Mi sono alzato per uscire, ci siamo stretti la mano.
«Allora ci si vede tra vent’anni nella Foresta Nera» ho detto.

1 marzo 2022

Una devastante arma non convenzionale

 Buon anno! (ha! fa ridere, no?)
Ieri sono andato a cena da mio padre. Sono giorni che mi nutro a semi di zucca e fegato di merluzzo spalmato su fette biscottate, non lo so neanche io perché, penso per inerzia e per praticità, da quando il pratico ha avuto il sopravvento sul teorico l’umanità ha iniziato il suo declino. Quindi avevo voglia di mangiare qualcosa di più sostanzioso, un pasto completo, e Svetlana, la moglie di mio padre, tutto le si può dire tranne che non cucini bene. Così sono arrivato a casa di mio padre ma Svetlana non c’era.
– Svetlana non c’è?
– È tornata in Russia.
– Lo sapevo! Alla fine ti ha lasciato pure lei.
– Non mi ha lasciato. È andata ad arruolarsi nella Brigata dell’Abbraccio.
Ho annuito lentamente. Mentre mio padre mi fissava, mi sono seduto alla tavola apparecchiata. C’erano due piatti, e, al centro del piatto, una scatoletta di fegato di merluzzo. Mio padre continuava a fissarmi, in attesa. In attesa che io facessi la Domanda. Ma io non volevo farla. Invece dissi:
– Ho portato anch’io qualcosa. Non volevo venire a mani vuote – e ho estratto una confezione di semi di zucca. L’ho aperta e ho rovesciato i semi di zucca sul tavolo. Poi ho cominciato a sgranocchiarne una, con la buccia e tutto. Mio padre era sempre in attesa della Domanda. Ho sputato la buccia del seme di zucca, ho sbuffato, uno sbuffo sonoro, teatrale.
– D’accordo. Mi arrendo – ho guardato mio padre, e poi gli ho fatto la Domanda.
– Che cos’è adesso questa Brigata dell’Abbraccio?
Mio padre ha sorriso di soddisfazione.
– Grazie per averlo chiesto. È un corpo speciale clandestino nato in Russia dopo che si è capito che per l’Ucraina non stava buttando bene. È formato da dissidenti politici e oppositori al regime di Putin.
– Forte. Vogliono fare la rivoluzione? Ai russi piace.
– Oh no, no.
– Allora vogliono solo rovesciare il regime.
– No. Non direttamente almeno.
– Vogliono ammazzare Putin?
– Cosa? No! Svetlana non è un’assassina. E neanche Maya.
– Maya la giornalaia?
– Sì.
– Che c’entra lei?
– Anche lei è nella Brigata dell’Abbraccio.
– Ma Maya la tua ex?
– Sì.
– Maya con cui eri andato a vivere a Vladivostok e in seguito ti ha lasciato per scappare con un soldato russo?
(nota: il dialogo non è andato proprio così. Non è che sono scemo, avevo capito benissimo chi era Maya, sto usando questa raffinata tecnica di ripetizione per fare un riassunto delle puntate precedenti che non sembri un riassunto delle puntate precedenti, che ha però l’effetto collaterale di far sembrare me un coglione. Del resto molti personaggi nei film vengono sacrificati per questo. Tipo quei personaggi femminili che dicono al protagonista cose come “Ti presenti da me dopo avermi tradito con la veterinaria del nostro cane che mi avevi regalato per il mio compleanno e ti aspetti che io ti perdoni?”, ma chi è che parla così?)
Mio padre mi ha spiegato che era stato proprio il soldato russo, che aveva disertato in seguito all’ordine di invadere l’Ucraina, a fondare con altri la Brigata dell’Abbraccio.
– L’obiettivo della Brigata dell’Abbraccio è intrufolarsi al Cremlino, eludendo tutti i controlli e le guardie di sicurezza, penetrare nell’ufficio del presidente quando è solo, o – ancora meglio – penetrare in una delle sue residenze private quando lui si trova lì, prenderlo alle spalle in un momento di relax, magari mentre è in vestaglia e pantofole, quelle pantofole buffe con le orecchie, e, prima che possa ribellarsi o divincolarsi o anche solo capacitarsi, dargli un abbraccione.
– Capisco. Ma non sarà facile. Ci vorrebbe un ninja per eludere il sistema di sicurezza che circonda Putin, e anche ammesso che ci si riuscisse, il presidente è cintura nera di judo e pratica anche karate, chi tentasse di abbracciarlo, anche prendendolo alle spalle, probabilmente si ritroverebbe al tappeto con diverse costole rotte.
– Mi aspettavo un’obiezione di tutt’altro tipo. Comunque, sarà pure cintura nera di judo, ma è cintura di merda di abbracci. Il punto è proprio questo: probabilmente sa come difendersi da un colpo di judo, ma è totalmente impreparato a schivare o a neutralizzare un abbraccio come si deve. Non sottovalutare la potenza dell’abbraccio. Se ci pensi, che cosa fa un pugile sul ring quando si trova in difficoltà, sottoposto alla gragnuola di colpi dell’avversario? Lo abbraccia. E abbracciandolo, lo neutralizza. Putin, che non è scemo, questo lo sa bene. È questo il motivo per cui tiene le persone, tutte le persone, a distanza di sicurezza. La scusa ufficiale è il Covid-19, ma quei tavoli chilometrici ai cui estremi si siedono lui e il suo interlocutore di turno servono a questo: a non cadere vittima di un abbraccio.
– Be' certo non nascondo che un abbraccio sarebbe devastante per lui.
– Lo disarmerebbe completamente fin dentro le viscere. Lo farebbe scoppiare in lacrime. Non sarebbe più lo stesso uomo di prima. Capisci? Sarebbe la fine del putinismo.
– È un piano audace. Ma l’abbraccio è un’arma non convenzionale, come reagirebbero l’Onu e l’opinione pubblica? Sarebbe tollerato il ricorso a un’arma tanto devastante?
Mio padre ha allungato una mano e ha fatto una cosa che non ha mai fatto in vita sua, credo. Mi ha preso una mano e me l’ha stretta, e poi con voce grave, guardandomi negli occhi, ha detto:
– La guerra è guerra, Massimo.
Alla fine non ci andava di mangiare fegato di merluzzo e semi di zucca e abbiamo ordinato due pizze, che abbiamo mangiato guardando le immagini di guerra in Ucraina e irridendo le obsolete, goffe, sgraziate e fracassone armi usate dall’esercito russo, le loro bombe a grappolo, i loro missili Iskander-M 9M728, le loro bombe termobariche.

15 gennaio 2022

La sicurezza prima di tutto

 Buon anno!

Non c’è niente di meglio che iniziare bene la giornata per iniziare bene la giornata. Ed è quello che farò domani, perché oggi ormai è troppo tardi. Lo so che il proverbio dice non rimandare a domani quello che puoi fare oggi e meglio un uovo oggi che una gallina domani, ma se è per questo i proverbi dicono anche chi fa da sé fa per tre e l’unione fa la forza, e miei cari proverbi mettetevi d’accordo, pretendete di insegnarci come si sta al mondo ma poi vi azzuffate tra di voi, il risultato è che a noi gente poco savia arriva un messaggio contrastante, confuso, il messaggio non è univoco ed è così poi che nascono i fake proverbs e le legioni di NoProv che mettono in dubbio l’efficacia millenaria dei proverbi. Del resto la madre dei cretini è sempre incinta e giuro che non sono stato io.

Ho installato sul mio smartphone una app per smettere di controllare compulsivamente lo smartphone. In pratica questa app ti dice quante volte al giorno controlli lo smartphone, e tiene la cronologia dei tuoi progressi, mandandoti notifiche per motivarti se stai andando male e per congratularsi se stai andando bene. Solo che c’è un problema, la app conteggia anche le volte che tu usi lo smartphone per controllare sulla app quante volte hai usato lo smartphone, anche solo per controllare le notifiche che la app ti manda per dirti che stai controllando un po’ troppo il tuo smartphone e ti devi dare una regolata, oppure per dirti bravo continua così, però ahi ahi ci sei cascato di nuovo, hai appena ricontrollato lo smartphone. Un punto in meno. Quindi in definitiva mi sono rotto il cazzo e ho deciso di disinstallare la app, ma siccome ho implementato il livello di sicurezza del mio smartphone, il mio smartphone adesso mi chiede una password sia per installare che per disinstallare alcunché. Io ho inserito detta password ma lo smartphone mi ha avvertito che la password, che scade ogni sei mesi per motivi comprensibili di sicurezza (nel caso per esempio i servizi segreti russi volessero maliziosamente installare nel mio smartphone una app malevola per captare i miei dati personali dai quali, perché no, dipende la pace nel mondo), detta password era scaduta e andava rinnovata. Allora mi è capitata una cosa spiacevole, che provo a raccontare, usando a mo’ di esempio una password che però NON È nella maniera più assoluta la mia vera password, quindi: astenersi pirati informatici.

Dunque, ho digitato la seguente (fake!) password:

bandini

ma il sistema ha scritto che occorrevano almeno 8 caratteri. Allora ho digitato

mbandini

ma il sistema ha scritto che occorrevano anche dei numeri. Allora ho digitato

mbandini2020

ma il sistema ha scritto che occorrevano anche delle lettere maiuscole. Allora ho digitato

mBandini2020

e mi sembrava perfetta ed elegante, ma il sistema ha scritto che occorreva anche almeno un carattere speciale. Allora ho digitato

mBandini2020$$

ma il sistema ha scritto che non erano accettate password contenenti parte del nome o del cognome dell'utente. “Non potevi dirlo subito, stupida testadicazzo elettronica?” ho pensato digrignando i denti, e ho digitato

frigorifero2020$$

ma il sistema ha scritto che non potevo inserire nomi di elettrodomestici, allora ho digitato

vaffanculo2020$$

ma il sistema ha scritto che non erano accettati termini offensivi. Allora ho deciso, sai che c’è, quella app non è poi così male, la tengo.

6 gennaio 2022

Incontrando chiunque

 Oggi che è l’epifania ho telefonato a mio padre per augurargli buona epifania, e lui mi ha risposto a te e alla tua famiglia, con lo stesso tono che hanno le casse automatiche ai caselli autostradali. Dimenticando oltretutto che la mia famiglia è lui. Sì, perché, non so se ve ne siete mai accorti, ma da qualche anno le casse automatiche parlano. Parlano senza ascoltare. Proprio come gli esseri umani. «E quasi dimenticavo: buon anno!» ho pure detto a mio padre. Lui ha risposto con un grugnito.
Io non capisco per quale ragione la gente smetta di augurarsi buon anno dopo il 10 gennaio o giù di lì. Ci sono ancora più di 350 giorni nuovi di pacca davanti a loro, ma valli a capire, è come se l'anno fosse già andato a puttane, la festa finita, ormai bisogna tenere duro per undici cazzo di mesi e mezzo prima di avere davanti un altro anno bello fresco e luccicante e pieno di nascoste potenzialità.
Quindi, ecco quello che farò, incontrando chiunque gli augurerò buon anno almeno fino ad agosto incluso, mi sembra più che ragionevole. È senz’altro quello che farò quando tra qualche giorno andrò al colloquio per un eventuale nuovo contratto alla Clebbino.
Ho provato a scrivere buon anno anche su internet, ma nessuno mi ha risposto. La gente su internet si comporta veramente da stronza, con una sola eccezione, i siti porno. Lì sono tutti gentili, nei commenti ai video non c’è traccia di discorsi di odio, solo complimenti e parole cordiali. Allora ho pensato che la gente su internet è stronza perché fa poco sesso, anche con se stessa. Sui siti porno invece sono tutti più rilassati, la masturbazione ingentilisce gli animi. È uno dei motivi per cui darei il nobel per la pace ai siti porno. Adesso a proposito scusate ma c’è Dolly, la mia pecora gonfiabile scopabile, che da dieci minuti mi occhieggia lasciva dal tappeto davanti al divano. Buon anno!