18 gennaio 2011

Mastro di chiavi

Ierisera ho cenato da mio padre, anche perché avevo paura che tornando a casa avrei trovato il tizio testimone di Geova sbudellatore di bambole gonfiabili. Dopo cena, mio padre mi ha detto che domani parte per Vladivostok.
– Come sarebbe?
– Sarebbe che mi era venuta voglia di andare a Vladivostok, così ho fatto il visto e domani parto.
– Tutto qua?
– Tutto qua.
– Ci vai da solo?
– No, ci vado con Maya.
– A Vladivostok?
– Proprio, a Vladivostok.
– E quanto dura il volo?
– Niente volo, ci andiamo in treno, con la Transiberiana, da Mosca. A Mosca però ci andiamo in aereo.
– E quando tornate?
– Mah, non lo so, non abbiamo fatto il biglietto di ritorno.
– Ma tornate?
– Torniamo, torniamo. Tieni, ti lascio le chiavi di casa.
Mio padre ha appoggiato il mazzo di chiavi sul tavolo e l’ha fatto scivolare verso di me, con un rumore di una ghigliottina. Ultimamente tutti mi lasciano le loro chiavi di casa, ho pensato. Ma io? A chi posso lasciare le mie chiavi di casa, se vanno tutti via prima di me?
– E io? – ho chiesto allora.
– Tu cosa.
– A chi lascio le mie chiavi, io?
– Eh? Ma perché?
– Che cosa faccio, io? Io, che faccio?
Mio padre ha sospirato.
– Ho sentito la notizia di quei tipi che sono penetrati nel data center dell’azienda per cui lavori e hanno trafugato il corpo di una donna che era in Cassa Ibernazione – ha detto, ridendo.
– Sì, embè?
– Dovresti fare come loro.
– Fare cosa?
Mio padre ha fatto mulinare le mani in aria.
– Fare delle cose. Agire. Prendere e fare. Penetrare, trafugare. Buttarti, improvvisare. Saltare, urlare, correre. Dovresti fare come quei tipi, e non startene lì, con le scarpe slacciate, a chiederti a chi lascerai le tue chiavi. Ma tu sei lontano mille anni luce da quella roba lì. Aiutami a sparecchiare, per piacere.
Non so perché ma c’avevo il magone a pensare che mio padre parte per Vladivostok con la Transiberiana. Poi però tornando a casa a piedi con in tasca le chiavi di casa sua che ballavano facendo un rumore di risata ho pensato che magari la Transiberiana passa vicino alla tundra, che magari vedrà un sacco di licheni, distese interminabili di licheni, e allora non ero più così triste. E poi finalmente adesso potrò usare liberamente la sua cassetta degli attrezzi. Non c'è niente di meglio al mondo di una cassetta degli attrezzi piena di attrezzi.

17 gennaio 2011

Fanatismo religioso e minacce

Ieri sera sono tornato a casa dopo aver passato la giornata a guardare la tv dentro al centro commerciale, mi faceva male il collo e avevo voglia di fare del sesso con Betsabea, adesso che finalmente se n’erano andati tutti da casa mia. Come sono entrato in casa e ho acceso la luce, ho visto un tizio seduto sul divano che mi ha puntato una pistola contro. Non si può stare tranquilli mai.
– Sei un testimone di Geova? – ho chiesto.
– Ti sembro un testimone di Geova? – ha chiesto a sua volta il tizio, sembrava offeso.
– Sì. Mi dispiace, io non credo in Dio, e comunque credo che siate completamente fuori strada – ho detto.
– Sei tu che sei fuori strada, idiota. Non sono un testimone di Geova.
– Non c’è mica niente di male – ho detto.
– Ti ho detto che non lo sono! – ha urlato quello.
– E allora che cosa saresti, sentiamo. Musulmano?
– Che cosa cazzo ti fa pensare che sono qua per motivi religiosi? Che cosa c’è che non va nella tua testa? Sono qua per il tuo amico Ermete. So che sai dove si trova, perciò non perdiamo altro tempo.
– Ah, sei il tizio che consegna le Pagine Gialle, allora.
– Pagine Gialle? Cos’è, mi prendi per il culo?
– Non lo so dove si trova Ermete. Cercalo sulle Pagine Gialle.
Il tizio è apparso in confusione. Avevo colto nel segno.
– Tu non ti rendi conto, vero? Tu non hai idea. Adesso tu mi dici dove si trova Ermete Dossi e finiamo qua questa faccenda grottesca.
– Ermete se n’è andato due giorni fa senza dirmi niente. Sprechi il tuo fiato – ho detto.
– Fai il duro eh? Abbiamo un duro, qui. Vediamo se adesso parli.
Il tizio si è alzato dal divano. Quando si è alzato il suo ginocchio ha fatto croc. Continuando a puntarmi la pistola contro si è avvicinato alla tenda, e da dietro la tenda ha estratto Betsabea. L’aveva legata come un salame con il filo per stendere i panni. Ha appoggiato la pistola sul divano e ha estratto un taglierino.
– Se non parli la tua ragazza finisce a fettine – ha detto il tizio.
Io, ho fatto spallucce. Tra l’altro facendo spallucce mi sono fatto male al collo, mi sa che ho qualche nervo accavallato, colpa di tutta quella tv al centro commerciale.
– Molto bene – ha sibilato il tizio. E così dicendo ha piantato il taglierino nella pancia di Betsabea, che ha cominciato a sgonfiarsi, facendo un rumore di pernacchia. Io e il tizio non abbiamo fatto una piega. Il tizio ha estratto il taglierino e l’ha piantato nell’occhio di Betsabea. Quindi ha cominciato a tagliuzzarla tutta, dall’alto in basso, ripetendo: ecco che cosa succede alla tua ragazza per colpa tua, hai visto che cosa stai facendo alla tua ragazza per colpa tua, questo stai facendo alla tua ragazza, lo stai facendo tu, è colpa tua! Tutta tua la colpa!
Alla fine Betsabea s’era tutta afflosciata, con dei pezzi qua e là, sul pavimento. Il tizio aveva il fiatone.
– Sei contento adesso? – ha detto, ansimando. Mi sa che soffriva di asma.
– Certo che voi testimoni di Geova non vi fermate davanti a niente – ho detto io.
– Vaffanculo a Geova! E vaffanculo pure tu! Tanto lo troveremo, hai capito? La tua ragazza è morta per niente, per niente! – ha urlato il tizio, e afferrando la pistola ha aperto la porta e si è precipitato lungo le scale.
– C’è l’ascensore! – ho urlato io, poi sono rientrato in casa. Per fortuna che il tizio non si è accorto di Domenico, che stava immobile sulla parete della cucina, altrimenti sarebbe stato capace di spappolarlo. Dannati testimoni di Geova, la religione quando diventa fanatismo è veramente pericolosa.

14 gennaio 2011

Ero una moltitudine

Armenia non è ancora tornata dalla montagna e non risponde ai miei sms. Potrei chiamarla ma questo mi porrebbe in una posizione di debolezza, e io detesto essere debole. Inoltre non ho più credito telefonico e ho il conto corrente quasi in rosso, e io detesto essere povero. Essere povero e debole, poi, mi manda su tutte le furie.
Sono andato da Bilal Fefeni a scroccargli una kebizza, ieri. Nel suo locale oltre a lui c'eravamo io, tre bengalesi, un pakistano e le mosche. Mi sentivo lo straniero, ero Jimmy lo Straniero in mezzo ad asiatici in un locale ai margini della fine del mondo. Le mosche invece non credo si sentissero straniere. Le mosche mi sa che si sentono sempre a casa, dategli una superficie vetrata contro cui andarsi a schiantare ripetutamente e loro saranno gli insetti più felici del mondo.
– Io non può credere che tu licenziato da RapidoPizza, Bandini – ha detto Bilal.
– Invece credici. È così.
– Tu sempre lamentato di quel posto, tu sempre hai detto 'io lascia questo lavoro di merda', ma io non credevo che tu farlo. Tu solo capace di sputare in piatto dove mangia, io credevo così.
Bilal si sbaglia, a me non è mai interessato sputare nel piatto dove mangio, a me è sempre piaciuto sputare nel piatto degli altri, ecco quello che mi manca di più del consegnare pizze, il poterci sputare dentro. Ma questo me lo sono tenuto per me. Ero lì che mangiavo la kebizza, scacciavo le mosche, sfogliavo una vecchia copia di Io Elettrodomestico e pensavo a quando avrei aperto il mio locale, l'InsalatoGelateria di Jimmy Bandini Francinella aka "Lo Straniero". Perché non dovrebbe funzionare? Il gelato, è buono. L'insalata, è buona. E fa bene. Però mai nessuno al mondo ha messo insieme questi due ingredienti. Jimmy Bandini è la persona giusta per farlo. Perché non dovrebbe funzionare? Avrei aperto InsalatoGelaterie in tutto il mondo: New York, Parigi, Tokyo, Chieti. Centinaia di ragazzi in tutto il mondo avrebbero consegnato a domicilio le mie insalategelato. O insalatogelati. Insalatigelato. Comunque cazzo si fossero chiamati. La gente avrebbe letto il mio nome sulle confezioni di cartone delle mie insalategelaticomecazzosichiameranno, e avrebbe esclamato: toh, Jimmy Bandini, ma non era quel ragazzo che una volta mi ha consegnato una pizza e gli ho dato pure mezzo euro di mancia? Però, ne ha fatta di strada, quel Bandini. Ecco che cosa avrebbe detto la gente.
Ho mandato un sms ad Armenia: "Ti piace il gelato? Ti piace l'insalata? Ti piaccio io? In che ordine?"
Ho guardato le mosche sfracellarsi contro la vetrina del negozio, mi piaceva la loro tenacia, ero come loro. Fuori, sulla strada, il vento girava in tondo. Mi piaceva il vento, ero come lui. Ero come un sacco di cose, ero una moltitudine.
– Ti piace mia kebizza, Straniero? – mi ha chiesto Bilal.
Ho fatto pollice in su.
Su di me avrebbero fatto un film.
La storia di uno che nella vita lotta per diventare qualcuno.
Non vedevo l'ora di vedere come finisce il film.

12 gennaio 2011

Solo acqua passata

Alla Clebbino è successo un casino dopo che è venuta fuori la storia della sottrazione di un cassibernato dal data center ad opera di ignoti. Gli ignoti siamo naturalmente io ed Ermete, ma probabilmente non resteremo ignoti a lungo, a quanto pare le forze di sicurezza e le forze dell’ordine e chissà chi altro stanno visionando più volte i filmati delle telecamere a circuito chiuso per identificare i due criminali. I due criminali infatti sembrano aver agito a volto scoperto, dice Creativo n.4 mentre siamo in pausa davanti al distributore automatico di bevande calde.
– In che senso sembrano? – gli chiedo io. – Non che la cosa mi interessi, eh – aggiungo, fingendo disinteresse per non destare sospetti.
– Nel senso che probabilmente hanno usato maschere molto realistiche, maschere al lattice, tipo. Quale idiota altrimenti farebbe una cosa simile a volto scoperto?
– Ma infatti, dovrebbero essere idioti totali – convengo io.
– Io so chi è stato – dice Creativo n.2 raggiungendoci, con aria di complotto.
– Ah sì? E chi? – chiede Creativo n.4. Io fingo di leggere l’etichetta dell’estintore, per non destare sospetti.
– Creativo n.1 – risponde Creativo n.2.
– Ancora con questa storia, e basta adesso! Creativo n.1. è morto, fattene una ragione.
– E con questo? – rilancia con aria di sfida n.2.
– Ma piantala. E se anche fosse, l’altro dei due chi sarebbe?
– Per quanto ne so, potresti essere tu – dice n.2 a n.4.
– E tu che ne pensi n.5? – mi chiede n.4.
– Io? Come? Scusate non vi stavo ascoltando stavo leggendo l’etichetta dell’estintore. Oh, questo tra un mese scade, leggete qua.
Dopo il lavoro sono tornato a casa, sopra la città volavano elicotteri senza sosta, è da giorni che è così. A casa ho trovato Ermete e Cinzia Pontesi seduti sul divano, in silenzio.
– Che succede – ho chiesto.
– Ti devo parlare – ha detto Ermete. Siamo andati in bagno. Ermete si è seduto sul water e mi ha detto di sedermi anche io. Mi sono seduto sul bidet, di fronte a lui.
– Allora? – ho detto.
– Ascolta Bandini. Stare qua è diventato troppo pericoloso. Stamattina hanno suonato al campanello, era un tizio che sosteneva di dover consegnare le Pagine Gialle, ti rendi conto? Ho fatto la voce di un bambino di tre anni e ho detto che la mamma non c’era e che non potevo aprire. Secondo me domani torna, e non suonerà il campanello, entrerà con la forza. Mi hanno trovato.
– Ma che dici. Magari era veramente il tizio delle Pagine Gialle. Sei paranoico.
– Vuoi dire che esistono ancora le Pagine Gialle?
– Esiste ancora un mucchio di roba, Ermete.
– Comunque, non possiamo più correre questi rischi. Io stanotte parto, torno nella Zona Deumanizzata, è più sicuro.
– Avevi detto che ci saresti tornato quando le acque si calmavano. Le acque non si sono per niente calmate, anzi.
– In culo alle acque. Torno nella Zona Deumanizzata.
– E come facciamo con Cinzia Pontesi.
– Cinzia Pontesi, viene con me.
Alla fine è venuto fuori che Ermete e Cinzia si sono messi insieme, a mia insaputa. Ermete qualche giorno fa le ha rivelato che siamo nel 2011 invece che nel 2022, lei sul momento ha avuto una crisi isterica, poi lo ha aggredito, lui l’ha schiaffeggiata per calmarla, poi l’ha abbracciata, poi insomma alla fine sono finiti a letto. Nel mio letto, naturalmente. E adesso lei andrà con lui nella Zona Deumanizzata.
– Mi dispiace – ha detto Ermete. Io non ho detto niente, solo ho tirato lo sciacquone, come per dire: è acqua passata, e comunque che mi frega a me. Ho guardato le piastrelle del bagno, i licheni che iniziavano a formarsi lungo le fughe tra le mattonelle. Ermete è uscito dal bagno, dopo un secondo è entrata Cinzia Pontesi.
– È occupato – ho detto io, ancora seduto sul bidet.
– Bandini mi dispiace un sacco. Immagino come ti puoi sentire dopo quello che c’è stato tra noi l’altra notte. Magari ti eri fatto una certa idea, magari stavi già immaginando un futuro insieme, ti capisco. Volevo dirti che non è colpa tua, io sono stata molto bene con te, anche se tu sei stato un po’ rude ma insomma. Invece Ermete è proprio dolce, è dolcissimo Ermete. Siete così diversi ma in fondo anche uguali, è strano. Siete come due gocce d’acqua diverse, insomma boh. Comunque io sento di amarlo Ermete. Spero che potrai perdonarmi e che ci verrai a trovare nella Zona Deumanizzata, prima o poi.
Io stavo per dirle che era completamente scema, che era stata a letto sempre e solo con Ermete, ma invece ho detto:
– Dovrai passare a casa a prendere un po’ di roba, prima di trasferirti nella Zona Deumanizzata. Adesso ti ridò le chiavi.
Dopo cena abbiamo guardato un po’ di effetto neve in tv e poi Ermete e Cinzia sono partiti e io sono rimasto a guardare l’effetto neve da solo, e devo dire che era molto meno divertente. E già di suo l’effetto neve non è che sia tutto questo spasso. Quindi.