Ieri sera sono andato a trovare D'Ottomani nella zona industriale. Erano le nove di sera e le luci gialle dei lampioni si rifrangevano come schizzi di vomito sulle pozzanghere formate nelle buche lasciate nell'asfalto dal passaggio ininterrotto dei tir. Le sagome dei tetti a denti di sega dei capannoni, nel buio della sera, sembravano mandibole divelte di gigantesche creature preistoriche, dopo che una pioggia di asteroidi le aveva fatte a pezzi. Ogni tanto passava un cane randagio, sgambettando. Ogni tanto passava una donna randagia, ancheggiando e ammiccando. Finalmente sono arrivato sotto casa di n.3 (mi viene ancora da chiamarlo così), ho suonato il campanello. La sua voce, percorsa da scariche elettrostatiche, ha risposto al citofono chiedendo chi era, in un tono scocciato. In quel momento mi sono reso conto che mi stavo presentando a casa sua a mani vuote. Ho nascosto le mani dietro la schiena, anche se non era un videocitofono, ma un citofono del tipo vecchio, che alimentava ancora il mistero, la possibilità, lo stupore, anche un po' la rottura di cazzo.
– Sono Bandini. Insomma, numero 5. Sono venuto a trovarti.
– Bandini? Cristo, ma a quest'ora? Che ci fai qua? Perché sei venuto?
– Mi hai invitato tu, ricordi?
C'è stato un silenzio prolungato. Altre scariche elettrostatiche.
– Ma era un modo di dire, no? Hai presente. Come quando uno dice "una di queste sere ti chiamo e ci andiamo a bere una birra", e poi naturalmente non chiama mai più, diventa vecchio e schiatta e l'altro, quello che in teoria doveva aspettare la sua chiamata ma naturalmente non l'aspettava perché sapeva benissimo che era un modo di dire – a differenza di te – l'altro, va al suo funerale e lì incontra altri amici in comune col defunto e tutti si danno pacche sulle spalle e lui dice loro "e pensare che dovevamo vederci per berci una birra come ai vecchi tempi" e qualcun altro dice "Perché non lo facciamo noi? Anche in suo onore" e tutti annuiscono e si stringono le mani e si ripromettono di risentirsi per la settimana seguente ma naturalmente nessuno fa niente, e così via, all'infinito, perché è così che funziona, sono le formule di congedo Bandini, servono a levarsi dal cazzo a cuor leggero.
– Ah.
– Mica mi avevi preso sul serio?
– Io? Ma che dici. Stavo facendo due passi per sgranchirmi le gambe e mi sono ritrovato a passare sotto casa tua e mi sono detto, ora gli faccio uno scherzo e gli faccio credere che l'ultima volta l'ho preso sul serio, ed eccomi qua.
– Ahahahahah Bandini! Sei una sagoma. Ci ero quasi cascato. Buonanotte allora. Scusa ma c'è mia moglie che mi aspetta sul divano per riprendere la visione della nostra serie preferita. Ci sentiamo.
– Hah! Ma certo! Ci sentiamo SICURAMENTE. Ti chiamo la settimana prossima allora ok? – ho detto, riempendo le mie parole di ammiccamenti. Ma lui aveva già chiuso la comunicazione.
A quell'ora non c'erano più autobus per tornare a casa mia, e così mi sono incamminato verso casa. Ci sarebbe voluta almeno un'ora. Ma avevo tutto il tempo. Tutto il tempo necessario sarebbe stato con me, fino alla fine, non un istante di meno, non uno di più. E pensare che c'è gente che dice che ci vorrebbe il teletrasporto. Di solito sono gli stessi che agli aperitivi dicono che "amano viaggiare".